Nazionalismo contro multilateralismo all'ONU nel 2025

Il cosiddetto dibattito ad alto livello dell'80a Assemblea Generale delle Nazioni Unite è iniziato lunedì e si concluderà domenica. Sebbene manchino ancora alcuni giorni, ha già messo in luce le fratture del mondo.
Il discorso più atteso è stato quello di Donald Trump. Non si è risparmiato: ha ripetuto il suo slogan "America First" e ha denigrato i suoi alleati. Ha pronunciato la frase che ha caratterizzato la giornata: "I vostri paesi stanno andando all'inferno", rivolta alle nazioni europee che, a suo dire, si stanno distruggendo con migrazioni suicide ed energie rinnovabili che ne minano la competitività. Ha accusato falsamente il sindaco di Londra Sadiq Khan di voler imporre la legge islamica della Sharia alla sua città e ha fatto una caricatura della politica britannica sull'immigrazione. Ha concluso affermando che il cambiamento climatico è "la più grande bufala mai commessa", un'invenzione di "gente stupida" che indebolisce chi la prende sul serio. Non è stato un discorso da statista; è stato un comizio elettorale vanaglorioso, applaudito dai suoi sostenitori e snobbato da quasi tutti gli altri.
Le reazioni sono state eloquenti. Tra i leader dei paesi NATO, c'è stato un cauto sostegno: sì a maggiori spese militari e all'unità dell'Alleanza, con riserve. Il resto del mondo ha difeso il multilateralismo e la cooperazione come antidoto all'ondata nazionalista guidata da Trump. L'ONU ha ancora una volta rispecchiato un pianeta diviso: da una parte, chi segue il presidente degli Stati Uniti; dall'altra, chi crede che senza multilateralismo non ci sia futuro.
Nel mezzo di questo scontro, Israele si è trovato isolato. La sua offensiva a Gaza, condannata da decine di paesi, lo ha reso un paria: accusato di genocidio e violazioni dei diritti umani.
Il Messico, rappresentato dal Ministro degli Esteri Juan Ramón de la Fuente, ha mantenuto la tradizione: sovranità, diritto internazionale e soluzione pacifica. Ha denunciato il genocidio a Gaza e ha chiesto un cessate il fuoco immediato con accesso agli aiuti umanitari. Ha difeso l'integrità territoriale dell'Ucraina, ma ha evitato di unirsi alle richieste di militarizzazione.
Mentre Trump trasformava l'ONU in un palcoscenico di scontro, il Messico promuoveva l'equilibrio: cooperazione con gli Stati Uniti in materia di sicurezza e narcotraffico, ma nel rispetto della legge e del reciproco rispetto. Non è una soluzione comoda, ma è l'unica opzione per un Paese intrappolato tra la vicinanza alla nazione più potente del mondo e l'obbligo di rispettare i principi.
L'America Latina ha messo in mostra la sua diversità: il Brasile ha parlato di integrazione, Cuba e Venezuela hanno puntato il dito contro gli Stati Uniti. Il Messico ha offerto una voce pragmatica, costruendo ponti e denunciando gli abusi.
Resta da vedere l'esito di questa Assemblea. Il 29 settembre, alla chiusura del dibattito, potrebbero essere finalizzate le risoluzioni su Gaza, la sovranità dell'Ucraina, gli impegni climatici e gli accordi migratori. L'esito dirà se questa sarà un'altra sconfitta per il multilateralismo o un ennesimo tentativo di salvarlo.
Per ora, i paesi della NATO e i più stretti alleati degli Stati Uniti si stanno allineando con Trump, rafforzando l'idea che la forza militare sia la risposta a qualsiasi crisi. Al contrario, il Messico cammina al fianco di gran parte dell'America Latina, di diversi paesi africani e del Sud-est asiatico, che credono ancora nella mediazione e nel diritto internazionale. Trump incarna la divisione: il Messico, la legalità e l'impegno umanitario. In questo scontro è in gioco la rotta globale.
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