Politica o inflazione? Il dilemma della Banxico

Un mercato del lavoro debole, un'inflazione entro i parametri attesi e un doppio mandato: tutto è pronto per un taglio dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve (Fed) di un quarto di punto percentuale la prossima settimana, senza sorprese per nessuno.
Ma che dire della Banca del Messico? Perché, nonostante abbia un unico mandato – mantenere bassa l'inflazione – sembra che la maggioranza voglia agire come sottosegretario alla politica monetaria a sostegno della crescita.
Quando ieri sono stati pubblicati i dati sull'inflazione negli Stati Uniti, il peso messicano ha iniziato immediatamente ad apprezzarsi, soprattutto perché ciò gli ha concesso un certo margine di manovra di fronte all'evidente allentamento monetario da parte della maggioranza dei membri del Consiglio di amministrazione.
L'inflazione complessiva negli Stati Uniti non è stata una sorpresa; si è semplicemente allineata alle aspettative del mercato: inflazione complessiva al 2,9% annuo e inflazione di fondo al 3,1% annuo, niente di spettacolare.
Ma questa cifra, unita alle revisioni al ribasso dei dati sulla creazione di posti di lavoro e al dato più recente sulle buste paga non agricole dello scorso agosto, che si attestava su appena 22.000, ha rafforzato la certezza di un taglio del tasso di riferimento della Fed.
Secondo il barometro di mercato, a partire da questo fine settimana, il 95% dei partecipanti si aspettava un calo di un quarto di punto percentuale giovedì prossimo, al 4,25%. E se questa alternativa non ha raggiunto il 100%, è perché il 5% dei partecipanti sta prenotando in anticipo un calo delle tariffe di mezzo punto percentuale, al 4%.
Finora la Fed ha affermato il suo status di istituzione autonoma. Il presidente Jerome Powell ha resistito agli attacchi di Donald Trump e alla decisione di martedì, che, pur essendo in linea con le richieste del presidente degli Stati Uniti, è logicamente supportata dall'analisi indipendente della Fed.
Se ci fossero stati dubbi sul prossimo calo del tasso interbancario statunitense, il peso non si sarebbe certamente apprezzato, perché sembra che la maggior parte dei decisori all'interno della banca centrale messicana sia disposta ad abbassare il tasso per rilanciare l'economia.
Di fatto, lo stesso Segretario alle Finanze Edgar Amador ha dato per scontato in alcune interviste che il tasso di interesse della Banxico rimarrà basso e ritiene che questo sia uno dei fattori che contribuiranno a realizzare le sue previsioni di crescita.
Solo che la decisione è autonoma, come stabilito dalla legge della Banca del Messico, e vi sono sufficienti ragioni perché il Consiglio direttivo sia più cauto ora rispetto alla riunione precedente.
Basta considerare gli oneri fiscali aggiuntivi previsti dal Pacchetto economico per il 2026 per rendersi conto che il rischio di un'impennata inflazionistica è reale.
Gli aumenti sostanziali delle accise e, in particolare, l'impatto che l'applicazione di tariffe sui prodotti prevalentemente asiatici avrà sul mercato interno, sono motivi per riconsiderare l'approccio "pilota automatico" dell'atteggiamento accomodante della maggioranza.
Alla Banca del Messico, nonostante il suo unico mandato (mantenere bassa l'inflazione), sembra che la maggioranza voglia agire come sottosegretario alla politica monetaria per sostenere la crescita.
Eleconomista