Una nuova vita dopo la diagnosi: cosa non ottiene il cancro

"Il nonno ha il cancro". Tre parole che cambiano tutto. Non all'improvviso, ma lentamente, silenziosamente, costantemente. È una giornata qualunque. Sono seduta sul divano, Netflix sta trasmettendo. Una di quelle serie che parlano di leggerezza e amore. Poi arriva la chiamata. E all'improvviso niente è più lo stesso.
I medici dicono che il cancro si sta diffondendo. La cura non è più un'opzione: il suo corpo è troppo debole. Ma è vivo. E come vive.
Quando penso a lui, non penso subito alla sua malattia. Penso alla sua espressione, ai suoi modi, alle sue sagge parole. A come fa sempre ridere tutti, senza dire molto. E a quanto è felice delle piccole cose. Un panino allo streusel della Plentz Bakery, per esempio. O una telefonata veloce nel pomeriggio, anche se dopo mezzo minuto passa il telefono a mia nonna. È sempre lì. Non come un visitatore nella mia vita, ma proprio nel mezzo di essa. Sono cresciuta con i miei nonni, con il pranzo, lo zaino e le storie della buonanotte.
Molto è cambiato dalla diagnosi. Soprattutto il tempo. Improvvisamente diventa prezioso. Lo vado a trovare più spesso. Non solo nei fine settimana. A volte solo per un'ora: una tazza di tè, una chiacchierata, un momento di tranquillità. Lo chiamo tutti i giorni e chiedo a mia nonna come sta. Raramente parla di ciò che gli succede dentro. Esprime i suoi sentimenti a modo suo, con calma. Eppure, ogni volta, sento: gli importa. Lo tocca. E questo tocca anche me.
È stanco. Il suo corpo non lo sostiene più come una volta. Tre nuovi fianchi, un cuore indebolito. Il dolore arriva a ondate, a volte acuto, a volte sordo. Ma la sua mente è vigile. Cristallina. E questo rende molte cose ancora più difficili.
Perché vuole vivere. A lungo, se dipendesse da lui. Non si aggrappa alla vita per paura della morte, ma per amore delle persone che lo circondano. Per mia nonna, con cui è sposato da decenni. Per noi, la sua famiglia. Per tutto ciò che gli è familiare.
Mia nonna è il suo più grande sostegno. E lui è il suo. Anche adesso. Porta con sé tanto: fisicamente, emotivamente, spiritualmente. Ma fa tutto con una devozione che mi tocca profondamente. A volte la vedo mentre gli sistema amorevolmente la coperta o gli infila di nascosto un cuscino sotto le ginocchia. Piccoli gesti quotidiani di grande amore.
Mio nonno ha vissuto tante esperienze. Una vita piena di storie, piena di persone, piena di estati. Feste di famiglia in giardino, lunghe serate sotto lucine, vacanze al mare. Le sue tre figlie – mia madre, le mie due zie – e gli innumerevoli nipoti erano sempre intorno a lui, rumorosi, calorosi, forti. E ora, in questi tempi più tranquilli, sono anche loro a sostenerlo.
Andiamo in ospedale a turno. A volte solo per poco tempo, a volte per ore. A volte qualcuno porta qualcosa da mangiare, a volte solo del tempo. È diventata una nuova forma di vita quotidiana, e anche molto amorevole. Non tutto viene detto ad alta voce. Ma tutto è lì.
Forse è proprio questo che rimane: che qualcuno è lì. Che qualcuno ricorda. Che qualcuno dice – senza dirlo: Non sei dimenticato. Non sei solo.
Quando sono con loro, percepisco quest'atmosfera speciale. Non è cupa, non è triste. Piuttosto tranquilla. Onesta. Gentile. Non parliamo spesso direttamente della malattia, ma piuttosto delle cose di tutti i giorni. Gli racconto della mia settimana, delle piccole cose che mi rendono felice. Cose positive.
E attraverso di lui sento ciò che conta davvero nella vita.
Ci sono momenti in cui ci sediamo semplicemente uno accanto all'altro. Guardiamo fuori dalla finestra del balcone. E penso: adesso. Proprio adesso, tutto ciò che conta è qui.
Sì, c'è paura. E preoccupazione. Ma a volte svaniscono sullo sfondo. Perché il presente occupa così tanto spazio. Perché è pieno d'amore. Pieno di vicinanza. Pieno di vita.
Ho imparato che non devo sempre essere forte. Che va bene non dire nulla. Che ascoltare è un dono. E che basta esserci. Proprio come lui è sempre lì per me.
Ciò che accadrà è ancora incerto. Quanto tempo ci rimarrà ancora da vivere in questo "adesso". Ma lo so: non voglio riempirlo di paura. Voglio riempirlo di tempo. Di risate. Di ricordi che continueremo a creare insieme.
Quando esco di casa, dico: "Ci vediamo domani, nonno". E lo dico sul serio. Senza dubbio, senza un punto interrogativo. Perché è vivo. E oggi non è il giorno giusto per dirgli addio.
Forse quel giorno arriverà. Forse non così presto. Forse è una sorpresa. Forse è previsto. Ma oggi, oggi siamo qui. Insieme. E a volte è tutto ciò che conta.
Molte persone provano le sue stesse sensazioni. E molte famiglie provano le nostre stesse sensazioni. Una persona si ammala e improvvisamente la vita rallenta. La quotidianità viene riorganizzata, spostata, ridotta. Emerge un tempo difficile da definire. A metà strada tra certezza e speranza, tra vicinanza e consapevolezza che nulla rimarrà com'era.
In questo periodo, molte cose sono più silenziose. Più attente. L'amore inespresso risiede nei piccoli gesti, negli sguardi, in un tè preparato senza parole. Molte cose non possono essere dette, eppure ci sono.
Berliner-zeitung