Oppo Find X9 Pro, la recensione: la fotocamera è una sicurezza, ma la vera sorpresa è l’IA

Siamo in una fase interessante per il mercato degli smartphone di fascia alta: la sfida non si gioca soltanto su potenza e design, ma sempre più sulla qualità del comparto fotografico e sull’integrazione dell’IA nelle attività quotidiane. La nuova serie Find X9 di Oppo, presentata ufficialmente a Barcellona, si muove proprio su entrambi questi fronti.
Storicamente la serie Find X è sempre stata la punta di diamante di Oppo, un terreno fertile per sperimentare innovazioni estreme, dalla fotocamera stealth del primo Find X, che risale ormai a sei anni fa, alla stabilizzazione a 5 assi che offriva il Find X5. Anche il Find X8 Pro, lo scorso anno, ci aveva sorpreso con il suo teleobiettivo a prisma, il primo su uno smartphone.
Con il Find X9 Pro – che abbiamo provato nelle settimane precedenti all’evento che si è svolto in Spagna – Oppo migliora ancora il comparto fotografico del suo top di gamma, sviluppato ancora una volta in collaborazione con Hasselblad.
Il protagonista è un teleobiettivo da 200 MP capace di catturare immagini di una nitidezza tale da poter essere ritagliate senza perdita apparente di qualità, al fine di ottenere scatti secondari comunque nitidi e ricchi di dettagli.
Anche l’intelligenza artificiale gioca un ruolo da protagonista su questo smartphone – lo approfondiremo tra poco – grazie a un nuovo tasto fisico dedicato alla raccolta di screenshot e note vocali all’interno di uno spazio virtuale chiamato Mind Space. Qui i contenuti vengono archiviati e possono poi essere consultati in modo conversazionale, una volta collegato – gratuitamente – a Gemini, l’IA di Google che rimane anche sul Find X9 Pro l’assistente digitale di riferimento.
Design, materiali e coloriIl Find X9 Pro abbandona le curve più vistose del modello precedente e abbraccia un look moderno caratterizzato da bordi piatti e una finitura premium alla vista e al tatto. Una delle modifiche più evidenti e significative è lo spostamento del modulo fotografico nell'angolo in alto a sinistra.
La grande isola rotonda che caratterizzava il comparto fotografico del Find X8 Pr a noi piaceva, ci sembrava un elemento distintivo di Oppo, ma obiettivamente la scelta di ridimensionare l’isola e di spostarla di lato è intelligente, poiché favorisce l’ergonomia: in modalità orizzontale o verticale, il dito indice si appoggia naturalmente sul retro del telefono senza ostruire, coprire o sporcare le lenti, risolvendo un fastidio comune su molti flagship con moduli centrali ingombranti.
La combinazione di materiali e finiture ci ha convinto: il Pro è costruito con una cornice in alluminio opaco abbinata a un retro in vetro opaco, che offre un'ottima sensazione al tatto e, cosa fondamentale, rimane praticamente immune dalle impronte digitali.
Il dispositivo è robusto e confortevole da impugnare, forse un po’ troppo pesante, con certificazioni di resistenza (IP68 e IP69) che garantiscono la durabilità del prodotto.
Il Find X9 Pro arriva in due eleganti varianti cromatiche: Bianco Seta, dal look pulito e minimale, e Antracite Titanio, dove il termine “Titanio” è puramente descrittivo del colore e non del materiale del telaio. In entrambi i casi, il design mantiene un’eleganza sobria e coerente con lo stile Oppo.
Sul lato sinistro spicca un nuovo pulsante, lo Snap Key, programmabile per diverse funzioni ma di default legato all’intelligenza artificiale. Un tocco rapido cattura uno screenshot, mentre una pressione prolungata registra una nota vocale: entrambi i contenuti vengono archiviati in Mind Space, lo spazio virtuale – anche in forma di app – pensato come un vero e proprio taccuino digitale, un brain dump che trova senso compiuto grazie all’integrazione con l’IA conversazionale di Gemini (su cui torneremo più avanti).
Sul fronte fotografico, Oppo introduce anche un pulsante fisico dedicato alla fotocamera, ispirato a quello dei nuovi iPhone. Include una funzione di scorrimento tattile per regolare lo zoom, ma non convince del tutto: non è abbastanza incassato nel telaio per essere individuato con immediatezza, e la posizione – in basso a destra – non risulta particolarmente ergonomica. È una scelta hardware interessante sulla carta, ma che nella pratica finisce quasi per essere dimenticata. Un esperimento che Oppo potrebbe forse accantonare nelle prossime generazioni.
DisplayIl display del Find X9 Pro è un pannello piatto LTPO Tianma OLED da 6,78 pollici con risoluzione 1.5K e frequenza di aggiornamento fluida a 120 Hz. La tecnologia LTPO (Low Temperature Polycrystalline Oxide) è quella che permette di passare da 1 a 120 Hz a seconda del contesto, quindi parliamo di un display di fascia alta.
Quello che ci ha convinto maggiormente, tuttavia, non è solo la qualità del pannello, protetto da Gorilla Glass Victus 2, ma l’attenzione quasi maniacale ai suoi bordi. Con soli 1,15 millimetri di spessore, sono le cornici simmetriche più sottili mai viste su uno smartphone: sono praticamente inesistenti.
Sul fronte della luminosità, i numeri non deludono: il pannello raggiunge 1.800 nit a schermo intero e tocca un picco di 3.600 nit all’aperto, valori che superano quelli di molti rivali nella stessa fascia. Al di là dei dati tecnici, conta l’esperienza: sotto la luce diretta del sole il display resta perfettamente leggibile, mentre in ambienti interni mantiene colori equilibrati e una brillantezza sempre piacevole, senza mai dare la sensazione di forzare.
Un aspetto che chi utilizza il telefono di notte noterà subito è la capacità del display di scendere fino a un singolo nit di luminosità, un livello molto basso che contribuisce a rendere l’esperienza d’uso particolarmente confortevole al buio. Non si tratta di un primato tecnico assoluto – molti top di gamma oggi raggiungono soglie simili – ma Oppo qui gioca bene le sue carte, grazie a una calibrazione attenta e a un controllo estremamente preciso della retroilluminazione.
Il merito è anche del dimming PWM a 3.840 Hz, una frequenza elevatissima che riduce quasi del tutto lo sfarfallio percepito (quel micro-lampeggiamento che affatica la vista in condizioni di bassa luminosità) e contribuisce a una resa più morbida e naturale. Il risultato è uno schermo che, pur non introducendo una rivoluzione tecnologica, riesce comunque a distinguersi per comfort visivo e cura dei dettagli, soprattutto quando la luce intorno si spegne.
Oppo ha anche introdotto una funzione piuttosto curiosa e ingenosa, già nota a chi per esempio usa gli iPhone: si tratta di indicatori di movimento che servono a prevenire il mal d’auto.
Quando il telefono rileva che ci si sta muovendo su un veicolo, mostra sullo schermo piccoli indicatori visivi che si muovono in sincronia con la vettura. Questi indicatori forniscono al cervello un riferimento visivo coerente con il movimento reale, così da ridurre il conflitto tra ciò che vedono gli occhi (lo schermo fermo) e ciò che percepisce l’apparato vestibolare (il movimento). In pratica si tratta di un piccolo trucco di percezione per mitigare il mal d’auto digitale, pensato per chi non riesce a rinunciare al telefono anche in viaggio.
Il Find X9 Pro arriva con ColorOS 16, basato su Android 16, e ci è piaciuto il supporto promesso da Oppo: cinque anni di aggiornamenti del sistema operativo e sei anni di aggiornamenti di sicurezza, un impegno per la longevità del dispositivo che si allinea a quello di altri grandi brand come Samsung e Apple.
La versione ColorOS 16 è stata sviluppata per rendere l’esperienza quotidiana sullo schermo più fluida e reattiva. Cambiare schermata, aprire il centro di controllo o lavorare in multitasking appare effettivamente più “legato” e senza scatti. Le transizioni tra le schermate sono più rapide, le animazioni progettate per non interrompersi e l’interfaccia dà l’impressione di reagire al tocco in tempo reale. Non si tratta di una rivoluzione radicale – molte interfacce concorrenti puntano alla stessa meta – ma l’effetto è convincente: sensazione di maggior “scorrevolezza” e di passo avanti rispetto alle versioni precedenti.
Sotto il cofano, il Pro è equipaggiato con il micro processore MediaTek Dimensity 9500. Costruito con processo produttivo a 3 nanometri di TSMC, il chip promette un netto salto in efficienza energetica e prestazioni rispetto alla generazione precedente.
L’architettura, incentrata su core ad alte prestazioni, punta a offrire maggiore potenza di picco, mentre la GPU di nuova generazione introduce il supporto al ray tracing e migliora sensibilmente il rendering grafico.
Oppo dichiara un incremento complessivo delle prestazioni attorno al 30 per cento in CPU e GPU, con un raddoppio delle capacità dell’unità neurale dedicata all’intelligenza artificiale. Tutto questo si traduce, in effetti, in una migliore reattività generale, maggiore stabilità termica e un’esperienza più fluida anche sotto stress.
I limiti del MediaTek Dimensity 9500 si avvertono tuttavia nelle sessioni di gaming più impegnative. Nei titoli graficamente intensivi, l'esperienza è meno piacevole. Per chi esige il massimo, questo aspetto è un piccolo difetto che Opp dovrà affinare.
FotocamereIl Find X8 Pro aveva quattro sensori posteriori: il principale, più l’ultragrandangolo, più due teleobiettivi (uno a zoom ottico 3X e uno a zoom ottico 6X).
Il Find X9 Pro passa a tre sensori posteriori: un sensore principale da 50 MP, un ultragrandangolo da 50 MP, e un solo teleobiettivo da 200 MP (periscopico) con zoom ottico 3X.
Il sensore che è sparito è uno dei due teleobiettivi presenti nel modello precedente: in pratica, la lente con zoom ottico 6X presente nel Find X8 Pro non è stata riconfermata nel Find X9 Pro. Questa scelta ha un senso. Per Oppo meno ottiche significa anche meno complessità, che può tradursi in costi ridotti, maggiore efficienza, o migliore integrazione del design.
Ma il vantaggio è anche per l’utente finale: più risoluzione sul teleobiettivo (200 MP) consente di ottenere ritagli più efficaci (“crop”) ad alte prestazioni, compensando in parte la perdita di un obiettivo dedicato a zoom maggiore.
L’eliminazione del teleobiettivo 6X significa che per zoom fisico elevato (più di 3X) si farà maggiore affidamento sulla resa digitale o sul “crop” del sensore 200 MP, che può essere efficace ma non sempre equivalente a un vero zoom ottico dedicato. In scenari dove serve zoom puro e ottico (soggetti lontani, dettagli precisi), questa scelta potrebbe rappresentare un compromesso rispetto al modello precedente.
In realtà il nuovo teleobiettivo del Find X9 Pro fa un lavoro molto buono - in condizioni di luce buona, diurna - e non si sente assolutamente la mancanza del vecchio 6X.
Dobbiamo dire che fin dai primi scatti abbiamo notato una capacità notevole di raccolta della luce e dei dettagli. Il sensore è abbinato a un sistema ottico certificato Hasselblad, con apertura F2.1, che massimizza la chiarezza delle fotografie.
Lo zoom ottico nativo 3X è versatile per l'uso quotidiano, ma il vero potere è il ritaglio: il sensore da 200MP consente di ottenere uno zoom senza perdita fino a 13,2x (equivalente a circa 300mm), mantenendo immagini native da 50MP anche a 6X. Inoltre questo teleobiettivo funge anche da ottimo obiettivo macro, con messa a fuoco a soli 10 centimetri.
La fotocamera principale, che Oppo chiama Ultra XDR, è costruita attorno al nuovo sensore Sony 828, co-sviluppato con Sony, e si accoppia a un'apertura f/1.5 che promette di catturare il 30% di luce in più rispetto alla generazione precedente. La chiave di volta su cui punta il nuovo Find X9 Pro è la tecnologia di tripla esposizione in tempo reale: ogni scatto è il risultato di tre fotogrammi uniti a diverse esposizioni. Ciò genera una gamma dinamica talmente elevata da superare, a detta di Oppo, ciò che si otterrebbe tipicamente da un sensore dedicato da un pollice. Negli scatti effettuati durante la nostra prova, abbiamo riscontrato dettagli ricchi sia nelle ombre più profonde che nelle luci più brillanti.
La fotocamera grandangolare è un modulo Samsung JN5 da 50MP, che offre un campo visivo di 120°. Sebbene questa lente sia l'unica che a volte fatica a mantenere lo stesso bilanciamento tonale delle altre due in condizioni difficili, resta un modulo capace. Sul Find X9 Pro troviamo anche un sensore multispettrale Danxia da 2 MP per la calibrazione del colore.
Sul fronte video, le specifiche sono di tutto rispetto: ogni fotocamera (anteriore e posteriore) registra in 4K a 60 fps in Dolby Vision, con la principale e il teleobiettivo che raggiungono i 4K a 120 fps. Abbiamo apprezzato l'inclusione della registrazione Log (che supporta l’Academy color coding system) per i professionisti. Non possiamo non citare la funzione AI Sound Focus, che separa le voci e gli strumenti dal rumore della folla durante la registrazione video, rendendo il Find X9 Pro un telefono ideale per filmare i concerti.
Il teleconvertitore Hasselblad: una marcia in più, ma a caro prezzoAbbiamo anche testato il kit teleconvertitore Hasselblad opzionale, che viene venduto separatamente a un prezzo importante: 500 euro. Si tratta di un obiettivo che porta lo zoom ottico a 10X, che si attacca tramite una custodia dedicata e che offre uno zoom simulato fino a 920mm. Non ci è piaciuto il fatto che, una volta attaccato, copra l’intera isola della fotocamera, impedendo l'uso delle altre lenti.
Il dispositivo è in sostanza un teleobiettivo esterno, un vero e proprio moltiplicatore di focale: aumenta di circa 3,3 volte l’ingrandimento ottico, portando la lunghezza equivalente a circa 230 mm. Non si tratta dunque di uno zoom digitale o di un ritaglio d’immagine: la lente stessa “porta più vicino” il soggetto, catturando più dettaglio reale e meno artificio.
Il valore aggiunto sta tutto qui: nel preservare la qualità della luce e la nitidezza originale del sensore. Quando uno smartphone zooma digitalmente, ingrandisce i pixel, non la scena, e per quanto gli algoritmi possano mascherarlo - come fa anche il Find X9 Pro, puntualmente, utilizzando l'IA - la grana si vede, i bordi si impastano, i volti si deformano. Con il teleconvertitore, invece, lo zoom è ottico e reale. È come se, in un certo senso, il telefono respirasse un’aria da macchina fotografica vera. Non si limita a reinterpretare la realtà, la cattura con un livello di precisione più fedele.
Quello di Oppo è un esperimento interessante. Ma non isolato: anche Vivo ha lanciato nelle scorse settimane uno smartphone a cui, volendo, si può aggiungere un'ottica dalle prestazioni - sulla carta - simili.
Finora il design sottile degli smartphone ha imposto compromessi: sensori minuscoli, lenti piatte, distorsioni inevitabili. Aggiungere un teleobiettivo esterno – per quanto sembri un ritorno al passato – è in realtà un modo per superare i limiti fisici del dispositivo senza piegare la realtà a forza di algoritmi. È una scelta quasi “analogica” in un contesto digitale: invece di correggere dopo lo scatto, si migliora prima l'entrata della luce.
Naturalmente non è una soluzione magica. Il sensore dello smartphone resta piccolo, la profondità di campo resta limitata, e le prestazioni in condizioni di scarsa luce non potranno mai competere con quelle di una fotocamera con ottiche intercambiabili. Ma il guadagno, dai test che abbiamo effettuato, è concreto: maggiore dettaglio, maggiore pulizia del soggetto, e la possibilità di isolare figure lontane senza distruggere la qualità dell’immagine.
Sul nuovo Find X9 Pro Oppo ha sfruttato l'intelligenza artificiale non solo per il ritocco e il miglioramento delle immagini, ma anche per agevolare la gestione delle informazioni memorizzate nel dispositivo.
Ci ha convinto in particolare AI Portrait Glow, che trasforma ritratti sottoesposti o leggermente sfocati in scatti di qualità da studio con un singolo tocco, creando risultati naturali e lusinghieri grazie all'ottimizzazione avanzata del tono della pelle.
Ma la funzione più interessante, tuttavia, è AI Mind Space, accessibile anche tramite il nuovo tasto Snap Key: cattura istantaneamente qualsiasi contenuto sullo schermo – articoli, post di Instagram, note vocali – e lo memorizza. Grazie all'integrazione di Mind Space con Google Gemini, l'IA può utilizzare questa raccolta di contenuti come base di una conoscenza privata, generando risultati completamente personalizzati. Ad esempio si può chiedere a Gemini di pianificare un viaggio utilizzando tutte le note che sono state salvate in Mind Space, ottenendo un itinerario su misura che considera i propri gusti e preferenze.
Il Find X9 Pro è il primo telefono a offrire questa integrazione delle informazioni personali con Gemini. Mind Space è la parte più ambiziosa del nuovo ecosistema software dell’azienda cinese, il ponte che collega l’esperienza quotidiana archiviata nel telefono all’intelligenza artificiale di Google. È un archivio dinamico, un luogo mentale – il nome non è scelto a caso – in cui tutto ciò che si incontra sullo schermo può essere raccolto, organizzato e trasformato in conoscenza utile, che si può interrogare.
Funziona in modo disarmante nella sua semplicità. Stai leggendo un articolo, scorrendo una pagina o guardando un’immagine, e con la pressione di un tasto o un gesto – uno swipe a tre dita – tutto ciò che hai davanti viene catturato e salvato in un hub interno. Lì dentro finisce di tutto: testi, screenshot, link, fotografie, appunti. Ma a differenza della classica galleria caotica di un telefono, Mind Space li trasforma in un archivio ragionato, ordinato per categorie, parole chiave e relazioni semantiche. L’IA attinge ai contenuti di Mind Space solo quando le viene consentito, rispettando il principio del controllo dell’utente sui propri dati.
Questa integrazione tra archivio e intelligenza è forse la parte più affascinante e nuova del progetto Find X9 Pro. Invece di proporre solamente un’IA che parla di tutto e risponde a tutti, Oppo ha scelto di costruire un contesto personale, una memoria digitale che cresce con l’utente. L’IA diventa utile perché lavora sui pensieri, sulle ricerche, sui frammenti di realtà catturata. Non è più un assistente generico, ma un partner che parte dalle proprie fonti.
Tecnicamente, Mind Space si appoggia a una combinazione tra cloud privato di Oppo e infrastrutture di Google in modalità “confidential computing”, il che significa che i dati vengono elaborati in ambienti protetti e cifrati, con la promessa – da verificare – che la privacy rimanga intatta. L’interfaccia è fluida, costruita per non interrompere il flusso di lavoro: catturi, archivi, richiami. Tutto sembra pensato per ridurre la frizione tra l’atto di scoprire e quello di interrogare.
BatteriaL’autonomia del Find X9 Pro è un punto di forza che ci è piaciuto molto. Siamo di fronte alla batteria flagship più grande mai realizzata da Oppo, con una capacità imponente di 7.500 mAh: il doppio delle dimensioni offerte dal recente iPhone 17.
Oppo promette – e i nostri test suggeriscono che è una promessa mantenibile – di arrivare a due giorni di utilizzo non intensivo con una singola carica. Il brand cinese ha sottolineato che, anche dopo cinque anni di uso standard, la batteria dovrebbe mantenere oltre l'80% della sua capacità originale: significa che si avranno ancora circa 6.000 mAh a disposizione.
Le opzioni di ricarica sono veloci e versatili: 80W di ricarica cablata SuperVOOC, fino a 55W con caricabatterie PD di terze parti, 50W di ricarica wireless AirVOOC e 10W di ricarica wireless inversa. La ricarica completa richieda poco più di un'ora, ma è un compromesso accettabile data la capacità del serbatoio energetico. Nonostante non supporti nativamente la ricarica magnetica, Oppo offre custodie che permettono l'uso di accessori MagSafe.
Il nuovo Oppo Find X9 Pro, con 16 GB di Ram e 512 GB di memoria fisica, è disponibile in Italia a un prezzo di 1299 euro.
La Repubblica




