Cosa cambia ora che OpenAi è diventata una società a scopo di lucro

Martedì OpenAI ha completato una ristrutturazione durata un anno che le consentirà un giorno di quotarsi in borsa, dove potrebbe raccogliere decine di miliardi di dollari per finanziare la sua costosa intelligenza artificiale. Nata nel 2015 come fondazione senza scopo di lucro, diventata nel 2019 società a profitto limitato, da oggi è ufficialmente una società come tutte le altre: a scopo di lucro. Una struttura aziendale più tradizionale di cui Microsoft deterrà il 27%.
La nuova struttura in realtà cerca di conciliare le due nature. La società continuerà ad essere controllata da un consiglio di amministrazione senza scopo di lucro. Ma che vedrà i soldi messi dai finanziatori storici di OpenaAI convertiti in azioni ordinarie. La conversione garantirà alla società senza scopo di lucro ‘dietro’ OpenAI di avere una partecipazione nella società a scopo di lucro del valore di 130 miliardi di dollari, con la possibilità di acquisire ulteriori quote man mano che la società a scopo di lucro aumenterà di valore.
OpenAi: una struttura ibrida per conciliare valori e affariUna struttura ibrida quindi. Un tentativo complesso di conciliare due obiettivi spesso in tensione: la crescita economica e la tutela dell’interesse pubblico. Da un lato, la nuova struttura consente a OpenAI di reperire le ingenti risorse necessarie per competere nello sviluppo di modelli di intelligenza artificiale di frontiera. Dall’altro, la fondazione mantiene il compito di vigilare affinché la tecnologia venga sviluppata e utilizzata in modo sicuro e vantaggioso per l’umanità, in linea con la missione originaria.
Lo sviluppo di intelligenza artificiale, soprattutto la ricerca di quella tecnologia di frontiera chiamata Intelligenza artificiale generale (AGI) richiede tantissimi soldi. La struttura con cui è nata OpenAI (una no profit), limitava la possibilità di attrarre capitali esterni. Ora questo limite non c’è più. E la società può puntare anche alla quotazioni in borsa. Aprendosi agli investitori istituzionali, è probabile che OpenAI raggiunga presto valutazioni record (finora, con tutti i limiti della struttura precedente, valeva 500 miliardi circa). E ricevere investimenti vuol dire garantire un ritorno a chi mette i soldi. Accelerare sulla ricerca, sullo sviluppo, arrivare a rendere concreta la grande rivoluzione dell’Intelligenza artificiale che finora è una promessa solo in parte mantenuta.
Un obiettivo ambito soprattutto da aziende che vogliono migliorare la propria produzione, renderla più efficiente, ridurre i costi. Ma OpenAi non ha alternative. Vale 500 miliardi, si è detto, ma è in perdita da sempre e secondo Bloomberg prevede di bruciare cassa per 115 miliardi fino al 2029.
Una mossa non senza rischi: gli obblighi verso il pubblico, il rischio bolla dell’IAOvviamente questa mossa non è esente da rischi. Il primo sarà muoversi in equilibrio tra missione (preservare l’umanità, nelle intenzioni) e profitto. La società avrà nuove, più importanti pressioni commerciali. Dovrà insomma tenere conto delle richieste degli investitori.
Ed è tutto da chiarire come sarà la nuova governance, come si comporterà nei confronti degli obblighi di trasparenza nei confronti del pubblico, quanto sarà in grado di conciliare sviluppo e rispetto dei paletti dei regolatori. Inoltre alcuni investitori hanno avvertito che gli ingenti investimenti dell'industria tecnologica nelle infrastrutture di intelligenza artificiale stanno creando una bolla speculativa. E molti di questi accordi - ricorda il Wall Street Journal - ruotano attorno a OpenAI.
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