Intelligenza artificiale, l’AGI è ancora lontana

La MIT Technology Review, testata giornalistica di proprietà dell’ateneo americano Massachusetts Institute of Technology (MIT), ha preso le misure con le affermazioni di chi è pronto a scommettere che l’Intelligenza artificiale generale, l’AGI, è in procinto di essere raggiunta.
Tra i possibilisti c’è Dario Amodei, co-fondatore di Anthropic – l’azienda che ha sviluppato Claude – secondo il quale le Intelligenze artificiali (IA) raggiungeranno il livello umano nel 2026. Al suo fianco siede il Ceo di OpenAI Sam Altman il quale, già all’inizio del 2025, ha detto più volte che l’uomo sa come arrivare all’AGI, i cui segnali sono già all’orizzonte.
Va detto che il 7 agosto appena trascorso, presentando il modello GPT-5, Altman lo ha definito “un altro passo verso l’AGI”, salvo poi smorzare il suo stesso entusiasmo, riconoscendo nel modello alcuni limiti inattesi e virando verso la necessità di raggiungere obiettivi più specifici prima di parlare di AGI.
Il rapporto pubblicato dalla MIT Technology Review, in definitiva, non dà ragione o torto né ai possibilisti né ai disfattisti ma si limita a fare i conti con la realtà dei fatti sottolineando come attualmente mancano competenze di ordine tecnologico, scientifico e anche filosofico.
Cos’è l’AGIUna delle definizioni comunemente accettate, vuole l’AGI come la capacità di uguagliare o superare l’intelligenza umana in tutti i domini, apprendendo quindi a svolgere qualsiasi compito intellettuale che l’essere umano è in grado di compiere.
Uscendo dagli spazi asfittici delle definizioni, l’AGI dovrebbe possedere un’intelligenza capace di adattarsi a situazioni sconosciute, di attingere al senso comune delle cose, di collegare tra loro informazioni utili a risolvere problemi e dovrebbe anche essere in grado di trasferire conoscenze ad altri soggetti, siano questi umani o artificiali.
Il fatto stesso che ancora la definizione di intelligenza non metta d’accordo tutti gli esperti la dice lunga sulla bontà di ogni possibile definizione dell’Intelligenza artificiale generale.
Quello che manca oraNel rapporto si legge che l’AGI non è più u miraggio ma una realtà visibile all’orizzonte, ma ci si trova al cospetto di un orizzonte elastico, evocativo e sfuggente nel medesimo tempo. Nonostante la potenza degli attuali modelli di IA, è ancora utopico raggiungere la disinvoltura con cui l’uomo copre tutti i domini dello scibile.
Il rapporto curato dalla MIT Technology Review eredita dei dati da uno studio separato condotto dalla società di consulenza McKinsey secondo il quale i limiti attuali delle IA riguardano soprattutto:
La percezione visiva e uditiva: le IA fanno più fatica dell’uomo a riconoscere alcuni colori e sono meno abili nel riconoscere, estrarre ed elaborare suoni
Le capacità motorie fini: i robot sono lungi dall’imitare le movenze dell’uomo
Il coinvolgimento sociale: empatia, stati umorali oppure le espressioni del volto sono alfabeti che le IA non conoscono.
In queste macro-famiglie di ostacoli trovano posto molte barriere che per le IA oggi sembrano insormontabili. La guida o la navigazione autonome, la creatività e soprattutto la capacità di risolvere problemi partendo da informazioni scollegate tra loro.
Queste incapacità, citate dall’ingegnere e ricercatore francese François Chollet, rimandano in parte all’etimologia della parola intelligenza, che deriva da intelligere (intus legere, leggere dentro) e vuole dire letteralmente “sapere, raccogliere, comprendere e decifrare ciò che è nascosto o non immediatamente evidente”.
Chollet vanta un curriculum di rispetto nell’emisfero delle IA. È il padre putativo di Keras, tra le librerie di Deep learning più usate al mondo, ed è certo che i modelli IA non hanno un’intelligenza tale da garantire un sato di qualità.
Giunti fino a qui, possiamo dire che non tutte le voci autorevoli hanno la medesima percezione di vicinanza dell’AGI. Niente di nuovo e neppure di definitivo. Ci sono però altri elementi da prendere in considerazione.
Quello che mancherà anche in futuroIl rapporto della MIT Technology Review si concentra su tre elementi, ovvero architetture, calcolo e idee. Per raggiungere l’AGI non basterà solo una maggiore potenza di calcolo. Software, hardware e infrastrutture dovranno garantire l’esecuzione eterogenea di calcoli.
In sintesi, i diversi chip coinvolti nel raggiungimento dell’AGI dovranno essere sfruttati in modo ottimizzato a seconda del compito che questa dovrà svolgere. Questa modalità di svolgere i calcoli non rappresenta un limite insormontabile. A svettare più in alto c’è la mancanza di idee: Henry Ajder, esperto di IA generative e di media sintetici, è convinto che l’AGI necessiterà di una nuova architettura ma anche della sintesi di discipline e approcci diversi che potranno essere apportati solo da una collaborazione orizzontale a livello industriale. Ossia, aziende di diversa natura e specializzazione, dovranno creare un ecosistema unico che favorisca la nascita e lo sviluppo dell’AGI.
C’è poi la sempreverde questione del consumo energetico di cui l’AGI avrà bisogno, potenzialmente più esoso di quello necessario alle IA, peraltro in costante crescita.
Cambiare le regole quando il gioco si fa duro
Il Ceo di Humane Intelligence Rumman Chowdhury ha ventilato l’ipotesi di cambiare i metodi attuali per valutare le IA, giudicandoli troppo restrittivi. Humane Intelligence è una no-profit che si batte per migliorare la trasparenza e garantire l’equità nell’uso delle IA, focalizzandosi soprattutto sul loro impatto sociale. Che la stessa organizzazione invochi benchmark più morbidi stride un po’ ma è un argomento propedeutico alla necessità di valutare l’AGI al di là delle definizioni che l’uomo riesce a darle.
Più insistiamo a misurare l’intelligenza secondo parametri di adattabilità, percezione ambientale e comprensione sociale e meno si accorcia la distanza tra l’uomo e l’AGI.
In definitiva, l’AGI è all’orizzonte ma si avvicinerà solo trovando risposte alla sua realizzazione tecnica e al modo in cui questa nuova forma di intelligenza debutterà nel nostro mondo.
Hanno tutti ragione?Lo studio cita indagini con cui sono state raccolte le opinioni di esperti e, a grandi linee, si può dire che si è creata una situazione di stallo: aggregando i risultati, il 50% dei pareri si esprime in favore di un’AGI imminente, l’altra metà stima che si possa raggiungere nel 2047.
C’è la possibilità che abbiano tutti ragione e che l’AGI non si palesi come un’unica entità ma venga costruita modulo dopo modulo, raggiungendo una sua maturità solo tra circa vent’anni. C’è anche l’evenienza che abbiano tutti torto e questo apre alla possibilità che l’AGI non la vedremo mai. Le stime, anche quelle degli esperti, possono essere sbagliate e – non di meno – non è per forza di cose vero che dalle bocche dei sapienti esca solo oro colato.
La Repubblica