DAL KAZAKISTAN/ Tra memoria, patria e conversioni: il bello di “ritrovare” se stessi

Il Kazakistan vieta ai minorenni di uscire la sera. Intanto, giovani russi fuggono dalla guerra. Quel che ho visto, tornando a casa.
Tutti a casa è il titolo di un vecchio film con Alberto Sordi che parla del dramma dell’8 settembre 1943. A me invece queste parole parlano del ritorno dal mio viaggio in Kazakistan e di alcune cose interessanti che vi ho trovato.
Da quelle parti i ragazzi minorenni, cioè quelli che come da noi non hanno compiuto 18 anni, dopo le 23 non possono uscire se non accompagnati dai genitori o da chi ha ricevuto una loro delega scritta. E il bello è che la legge viene fatta osservare. Se non ci credete, chiedetelo ad Anja, che la settimana scorsa aveva solo 17 anni e 11 mesi ed è stata fermata mentre era a passeggio con alcuni amici. È stata portata a casa dalla polizia e consegnata ai genitori previo il pagamento di una multa salata, una specie di riscatto.
Ho sentito di ciò che in Italia hanno fatto alcuni ragazzini dopo avere rubato un’auto e mi sono chiesto se, tra la situazione in Kazakistan e quella che c’è da noi, non si possa trovare una mediazione ragionevole, per proteggere i nostri ragazzi, e noi stessi.
Comunque provate a pensare se in Italia passasse quella norma kazaka. Dopo qualche ora tutte le scuole sarebbero occupate, e non solo dai soliti dal collettivo, con l’adesione dei bambini delle medie e delle elementari preoccupati per il futuro. Dimenticavo di aggiungere che là non si può fumare se non si sono compiuti i 21 anni.

Tutti a casa. In realtà, non proprio tutti. In Kazakistan ho trovato ancora molti giovani russi fuggiti dalla Federazione nel 2022 per evitare la mobilitazione militare. Nonostante le minacce del governo russo, non tutti sono tornati a casa. Anzi molti hanno deciso di non tornarci più, facendo del Kazakistan un punto di passaggio per altre destinazioni.
Costoro vanno ad aggiungersi al numero spaventoso dei giovani caduti in guerra, nel senso che anche loro sono destinati a far mancare alla Federazione Russa quelle forze giovani di cui avrebbe bisogno la società.
Io comunque sono tornato a casa. Non solo nel senso che in Kazakistan mi sono sentito ancora a casa, ma anche nel senso che ora sono di nuovo a Milano. Con me sono tornate anche le due figlie di nostri ex studenti kazaki che sono cresciute e vivono in Italia. Per loro il viaggio è stata la riscoperta delle radici delle loro famiglie, delle loro storie, compreso quella della loro conversione.
Pensate che il bisnonno di una di loro faceva parte delle guardie personali di Stalin e finì deportato a Karaganda dopo l’attentato a Kirov. Avevano sentito raccontare molte cose dai loro genitori, ma non avevano potuto incontrare di persona i loro amici e neppure vedere le tracce di quel tragico mondo sovietico da cui provengono. Soprattutto hanno potuto vedere che l’esperienza dei loro genitori e dei loro amici non appartiene solo al passato, ma vive – eccome – in fatti straordinari.
Cari genitori con i figli in crisi, smettetela di “curarli” con buoni discorsi e permettete loro di incontrare, per quanto è possibile, ciò che ha acceso in voi la speranza.
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