Baudo, la tv e il cancro: ecco la sua visionaria eredità

«Ricordo le sue manone, un uomo molto affettuoso e molto fisico che ti abbracciava quando ti incontrava. Lo faceva con tutti, con la sua amica Sandra Mondaini, con il tecnico di sala, con me, che ero una giovane collaboratrice di Airc. La sua cura garbata delle relazioni era autenticamente indipendente dalla posizione sociale di chi aveva davanti. Questa è una delle caratteristiche che ho poi voluto incontrare in tutti gli ambassador di Fondazione Airc». A ricordare Pippo Baudo è la responsabile della comunicazione di Fondazione Airc Nadia Bordoli, colei che individua e coinvolge i volti testimonial di Airc e che ha seguito fin dall’inizio la preziosa e affettuosa relazione tra Baudo e Airc, costruendo con il presentatore il progetto di un nuovo format televisivo che raccontasse la ricerca sul cancro. Il garbo e la professionalità del Baudo presentatore hanno segnato sessant’anni di televisione italiana, ma forse non tutti ne conoscono la grande sensibilità e fiuto per la comunicazione del cancro, malattia di cui solo di recente si è iniziato a parlare liberamente.
La sua cura garbata delle relazioni era autenticamente indipendente dalla posizione sociale di chi aveva davanti.
Nadia Bordoli
«Era il 1995, Baudo era nominato da poco direttore artistico della Rai e reduce della sua personale esperienza con il cancro [alla tiroide]. Ci ha aiutato a costruire una relazione strutturata con la Rai, ideando “Storie al Microscopio”, un formato alternativo alla maratona di Telethon e che non stravolgeva il palinsesto, ma prevedeva una disseminazione capillare dei nostri contenuti nei programmi che già andavano in onda, contenuti presentati secondo il taglio editoriale, il tipo di pubblico, il tipo di linguaggio di ogni singolo programma. Storie personali e professionali di ricercatori, medici, volontari e soprattutto quelle di uomini e donne che hanno superato la malattia. Ogni storia veniva così declinata ad hoc e raccontata attraverso la lente del microscopio di Airc, da cui il nome di “Storie al microscopio”. Un formato semplice ma molto efficace» ricorda Bordoli. Dopo i tre anni di “Storie al Microscopio”, «che costruimmo con Pippo Baudo e il sostegno della presidente di allora Letizia Moratti siamo andati avanti, il numero di giorni è andato aumentando arrivando alla settimana attuale dei Giorni della Ricerca, che continuiamo a fare con la Rai – quest’anno si celebra il trentennale – proseguendo nel solco della eredità visionaria di Pippo Baudo. Da persona curata dal cancro e da comunicatore e intrattenitore aveva capito già allora che i tempi richiedevano di fare evolvere la grammatica della narrazione del cancro, di togliere quell’aura di paura e di non detto, di informare il pubblico e aiutarlo a formarsi una propria consapevolezza».
Da persona curata dal cancro e da comunicatore e intrattenitore aveva capito già allora che i tempi richiedevano di fare evolvere la grammatica della narrazione del cancro
Nadia Bordoli
In trasmissione Pippo Baudo voleva sempre Sandra Mondaini, sua grande amica (come anche di Umberto Veronesi) e reale primo motore di questa nuova sensibilità. «Era già da decenni una convinta testimone di Airc. Da quando Raimondo si era ammalato la sua missione era di far capire che il cancro è una malattia democratica, che può colpire chiunque, che non bisogna averne paura ma se ne deve parlare. Era efficace e credibile». Nel 2008, pensammo di affiancare una testimone a Sandra che ormai preferiva comparire meno, Pippo Baudo si dimostrò ancora una volta abile intrattenitore: «Ero dietro le quinte di Domenica In, la puntata del 2 novembre. Si sarebbe celebrato televisivamente il passaggio di testimone tra Sandra e Antonella Clerici; all’ultimo sembrò che la prima avesse un ripensamento, Baudo seppe gestire la diretta e affiancare due grandi donne in due momenti molto diversi della loro carriera».

In quell’occasione, rivolgendosi ai telespettatori, usava queste parole per sollecitarli a partecipare alla raccolta fondi Airc: «Cosa potete anzi cosa dovete fare come cittadini di questo paese». Lo spezzone della trasmissione è disponibile qui:
Fu sempre molto generoso nello spendersi per Airc. Bordoli ricorda l’ultima intervista che Pippo Baudo concesse: «Non aveva più voglia di farsi vedere in televisione e si spostava poco. Quello che poteva fare per noi, però, lo faceva sempre. L’ultima sua apparizione avvenne grazie al suo grande amico il regista Michele Guardi, l’unico che riuscì a convincerlo a fare in via del tutto eccezionale una super intervista, che i tempi televisivi di oggi giudicherebbero lunghissima, raccontando proprio la sua storia personale, ricordando cosa voleva dire negli anni 70 ammalarsi di cancro anche come persona di spettacolo, sempre però con quel garbo che lo faceva sentire vicino alle persone che lo ascoltavano da casa, che magari non avevano la fortuna che poteva aver avuto lui di conoscere i medici e i percorsi da seguire».
La sua eredità è già in pista. «Baudo era la quintessenza del garbo, della delicatezza, del far sentire ogni persona a suo agio e tutto questo io rivedo nei due ambassador che hanno raccolto di testimone di Mondaini e Baudo Antonella Clerici e Carlo Conti» conclude Bondoli, «Conti ha il coraggio di sospendere il gioco e l’intrattenimento nel suo momento più alto della sua trasmissione Tale e quale, a mezzanotte, e di portare sul palco sempre un ricercatore e una persona guarita dal cancro per un breve ma importantissimo messaggio che riesce a far trasmettere al pubblico a casa, scandendo proprio come faceva Pippo Baudo i tempi giusti per poter lasciare le emozioni fluire anche da chi non è intrattenitore di mestiere come un ricercatore».
Foto di Fondazione Airc
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