Olimpiadi: 100 giorni a Milano-Cortina

Oggi è il giorno in cui tutto quello che ha accompagnato la costruzione dei Giochi di Milano-Cortina passa da problema ad aspettativa, perché a 100 giorni da un’Olimpiade serve un’anima. I Giochi italiani sono i primi e probabilmente gli ultimi, così tanto frammentati: gli sport continueranno a essere sparpagliati per questione logistiche, ma Milano-Cortina ha scelto una strada inedita che ora deve per forza giocarsi come unicità.
Non è semplice tenere insieme le tre regioni coinvolte e soprattutto evitare che la distanza in chilometri tra una sede e l’altra diventi distacco. Il rischio di vedere singoli fascinosi mondiali senza uno spirito comune esiste, come antidoto Milano-Cortina ha scelto l’azzardo e ora è tutta questione di un delicato equilibrio. Centrarlo significa spargere magia, perderlo mancare l’eredità, effetto collaterale che questo Paese non può permettersi quindi ha un grande senso tifare per l’azzurro e per noi. Fatichiamo a ospitare eventi, a costruire impianti, a creare comunità intorno allo sport e benessere da detrarre alla sanità pubblica.
IL CONTO ALLA ROVESCIA
Olimpiadi Milano-Cortina al via fra 100 giorni: tutto quello che c’è da sapere Francesca Del Vecchio
Torino 2006 ha messo una città sulla mappa internazionale, ma negli Usa sanno benissimo dove è Cortina e Milano non ha certo bisogno di essere scoperta, se mai redenta. Le Olimpiadi possono sempre contribuire ai processi di santificazione, come di dannazione. Questa non può essere l’Olimpiade in cui dirci che l’Italia è bella, si mangia bene e ci si veste meglio, può essere quella in cui l’Italia funziona, propone, va oltre l’ovvia cartolina che il mondo si aspetta da noi. L’organizzazione ha una responsabilità pesante perché è ovvio che siamo più di uno sfondo instagrammabile, eppure non ci viene naturale esportare il concetto. I Giochi non risolvono i guai di un Paese e non è richiesto, ma aprono un canale, spostano l’attenzione, sanno determinare i cambiamenti.
Scomporre la sfilata degli atleti in quattro parti (Milano, Cortina, Livigno e Predazzo) moltiplica le criticità e insieme dà subito un segno di quello che vuole essere questa Olimpiade: stupefacente. Non una missione semplice. I Giochi sono stati pensati per tenere tutto insieme, per essere una grande coalizione, per trascinare la collettività muovendosi dal particolare. Mirano altissimo e questo è il momento di partecipare. Anche se non tutto è stato consegnato per tempo, anche se l’hockey di Santa Giulia, a Milano, non è pronto per il test, anche se, in teoria, lo spezzatino serviva a sfruttare quanto già esisteva e ora ci dicono «era previsto arrivare molto stretti a chiudere tutte le pratiche». Anche se il Villaggio, sempre a Milano, non sembra avere grande charme. Ma ogni valutazione dipenderà comunque dall’anima che da oggi si inizia a massaggiare.
LA STORIA
Olimpiadi in primo piano, per la prima volta l’Italia mette la faccia sui poster Giulia Zonca
Cento giorni sono l’innesco di una serie di atti ufficiali: la tregua olimpica il 19 novembre, il fuoco che si accende in Grecia il 26 novembre, il passaggio di consegne il 4 dicembre, le date si sgranano e i 12 mila km che la torcia si troverà davanti sono già olimpici, un ponte molto più articolato e concreto di quello ipotizzato sullo stretto. È fatto di persone che abitano questo posto e la raccontano e lo rappresentano e lo definiscono come si spera che riescano a fare i Giochi che da oggi sono nostri. Prima erano di chi li organizza, poi saranno disponibili al giudizio, ma ora sono un’immensa possibilità.
Sono i Giochi in cui San Siro saluta il mondo: si parlava della sua demolizione nel 2018, in fase di programmazione della candidatura e il voto sulla fattibilità è di qualche settimana fa. In mezzo tempi infiniti, sprechi, veti ridicoli, occasioni perse. Un’Olimpiade non ci può trasformare, ci dovrebbe invece dire che siamo pure altro, che siamo meglio. Altrimenti è inutile. Questa può portare la prima arbitra dell’hockey e sarebbe un altro passo verso la parità sportiva, specchio di quella sociale.
LA STORIA
Giochi, messaggi di pace e portabandiera sparsi in quattro sedi diverse Giulia Zonca
L’austriaca Julia Kainberger è stata selezionata tra i direttori di gara, purtroppo dopo ha preso un disco in faccia, starà lontano dal ghiaccio per un po’ e il suo recupero vale come quello di un grande atleta alle prese con un infortunio. È un’Olimpiade che si ricollega per forza a quella del 1956 quando Cortina ha ospitato per la prima volta i Giochi in Italia. Era una montagna problematica, spigolosa, poco compresa, tagliata fuori. Dopo è diventata la vetta, il bianco, lo stile. I Giochi hanno già modellato il nostro profilo e da oggi lo faranno ancora. Anche se non sappiamo come.
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