Giulia Pellegrino, la guerriera in calottina più forte del dolore

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Giulia Pellegrino, la guerriera in calottina più forte del dolore

Giulia Pellegrino, la guerriera in calottina più forte del dolore

Firenze, 27 giugno 2025 – “Fa’ che la fede sia più forte della paura”. La fede come fiducia laica nella propria forza d'animo. Ce l'ha tatuata sulla pelle della schiena, è la frase che le ripeteva la mamma, già colpita da un male che presto l'avrebbe portata via. Non è un memento quella frase, è un manifesto. Uno stile di vita al quale Giulia Pellegrino tenta di essere fedele 24 ore al giorno, da tre decenni. Da quando, cioè, bambina di tre anni che aveva difficoltà a camminare, all'ospedale pediatrico Meyer di Firenze la dottoressa Fernanda Falcini, un luminare del settore, le diagnosticò una malattia autoimmune e carogna. L'artrite reumatoide l'avrebbe accompagnata per sempre. La storia di Giulia comincia così, tra medici e piscina. Dolore e lutti, lacrime e grinta, vittorie e gioie. Su tutto, una volontà indomita: “Io alla malattia non la darò mai vinta. E' una battaglia ma la voglio vincere io” promette indurendo lo sguardo. Lo sport, la pallanuoto, diventano presto lo scudo e la spada per combattere il drago.

Quest'anno, traguardo quanto mai speciale perché doppio, ha vinto lo scudetto con la squadra paralimpica della Rari Nantes Florentia e con la formazione biancorossa di atlete normodotate ha conquistato la promozione dalla serie B alla serie A2. Particolare non da poco: entrambe le formazioni hanno vinto tutte le partite disputate, sia nelle fasi eliminatorie sia alle finali. Per la paralimpica la stagione continua: a metà luglio si vola a Terrassa, Barcellona, per provare a conquistare una sorta di Champions contro avversarie spagnole e italiane. A inizio autunno infine sono in palio la Coppa Italia e la Supercoppa italiana.

Il primo ricordo di una piscina...

In vasca da piccina, dovevo muovere il più possibile gli arti inferiori, il nuoto era perfetto. Ho imparato prima a battere i piedi che a nuotare.

A nuotare la bambina e poi ragazzina ha comunque imparato e bene. Agonismo fino a 18 anni.

"Poi ho deciso di seguire l'esempio di mio fratello Erik, portiere di pallanuoto. All'inizio ho provato in avanti ma per la mia prima allenatrice Daniela Lavorini ero forse troppo irruenta e fallosa, e anche un po’ negata per l’attacco.

Seguono anni tra i pali con le calottine di Fiorentina Nuoto, Torre Pontassieve, Firenze Pallanuoto. Infine l'approdo alla Rari del presidente Andrea Pieri nel 2023 come seconda del portiere titolare Caterina Banchelli.

Intanto la malattia è costantemente con lei, in lei, Giulia...

Negli ultimi tempi è diventata sempre più subdola, imprevedibile. Alti e bassi. L'anno scorso ho subito due infortuni muscolari pesanti che mi hanno limitato dal punto di vista agonistico. È stato un anno per me molto difficile, ma allo stesso tempo ho iniziato ad allenarmi anche con la squadra paralimpica, la cosiddetta ability, guidata a bordo vasca da due ex giocatrici di valore, Laura Perego e Allegra Lapi. Ho esordito vincendo la Coppa Italia, mica male...

Per regolamento, la pallanuoto disabili (che ancora non è ammessa alle Paralimpiadi ma lo sarà nel prossimo futuro) prevede un punteggio per ogni atleta da uno a quattro e mezzo.

“Io ho quattro, posso giocare sia in avanti che in porta" sorride Giulia dalla sua casa nel verde di Rignano sull’Arno, in compagnia del marito Marco sposato tre anni fa e di un bel cagnolone incrocio di pastore tedesco e rottweiler. Laureata in Biotecnologie, lavora in un'azienda chimico farmaceutica di Reggello.

Ci sono differenze tra vincere con la paralimpica e con le ragazze della serie B?

No. La sensazione è la stessa, e nelle partite gioco con la medesima determinazione. Voglio, direi meglio devo vincere, e per farlo do il meglio di me stessa.

La grinta che dimostra in acqua è anche un messaggio che lei vuole trasmettere, meglio, imporre alla malattia.

Sì. E' una patologia che da fuori non si vede, e a volte capita che chi non sa, chi non mi conosce, dagli spalti possa equivocare un momento di crisi e di difficoltà con mancanza di concentrazione. Non tutti i giorni sono uguali per chi soffre di artrite reumatoide, e spesso ci troviamo a combattere non solo contro la malattia ma anche contro l’indifferenza e l’incomprensione di chi ci sta intorno. Capita che prima di alzarmi la mattina debba rimanere alcuni minuti concentrata a decidere da quale parte scendere dal letto, per azzeccare quale caviglia reggerà meglio il dolore. In questa ultima stagione ho spesso giocato con le caviglie completamente bloccate e sono andata avanti ad antidolorifici. Però ho sempre avuto grande cautela ad esternare i sintomi in vasca, perché non voglio che la malattia sembri una scusa. La mia patologia non deve mai essere un alibi per una prestazione magari non all’altezza. Anche a scuola talvolta mi sono sentita diversa ma ho reagito come sempre: stringi i denti e avanti”.

La squadra ability è formata sia da uomini che da donne. Nella Rari Nantes Florentia oltre a lei gioca Federica D'Aquino, e la coach e la vice sono ragazze. In pratica, un matriarcato acquatico...

E' un valore aggiunto. E poi affrontare avversari maschi, dovere parare tiri scagliati da uomini è una sfida nella sfida. La forza della nostra squadra, dove militano atleti e atlete di età e disabilità diverse, è che siamo amici, amici veri dentro e fuori la piscina. Formazione compatta, equilibrata, chi sta in panchina quando si butta in acqua dà il 101 per cento. E anche la squadra ora in A2 allenata da Lucia Giannetti è un gruppo bellissimo, dove io a 33 anni faccio da nonna alla mia vice, Margherita Caciagli, che di anni ne ha 14.

Un pregio e un difetto...

La mia cocciutaggine è al tempo stesso una qualità e il suo contrario. Non mi sono mai data per vinta, né alla malattia né ai lutti subiti troppo presto, il babbo a 17 anni e la mamma a 25. Ma capita che sia anche troppo ostinata e diventi persino maniaca: se arriva un imprevisto, in un modo o nell'altro lo devo controllare e superare.

Oltre alla pallanuoto, alla famiglia, al lavoro, lei ha tempo per altro?

Dicono (ride) che le mie giornate durano 36 ore! Mi piace curare la casa e il giardino, andare a cavallo e sono volontaria di protezione civile con la Croce Azzurra di Pontassieve. Mi piacerebbe iniziare a collaborare con lo Sportello Vanessa, uno spazio di d'ascolto per donne vittime di violenze.

Quanto lo sport l'ha aiutata davanti alla disabilità?

Moltissimo. E ai giovani, e ai meno giovani, che soffrono della mia stessa patologia dico non vi nascondete, non dovete vivere col rimpianto di non averci provato. Lottate con passione e coraggio, buttatevi...

Il suo futuro?

Giocatrice della squadra ability, ancora. Per l'A2 vedremo. E magari con la famiglia allargata, mi ci vedo come mamma.

Senza paura, ovvio. Giulia Pellegrino ce l'ha scritto sulla pelle.

Red. Int.

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