Ferrari, vanno bene i conti e azzera l’impatto dazi. I numeri deludono le attese

ROMA – Conti in crescita, risultati positivi, effetto dei dazi di Trump quasi azzerato, ma l’incremento dei principali indici di Ferrari, dai ricavi netti alle consegne, non convince il mercato. E il titolo scivola in Borsa fino a chiudere a meno 11,65% a 385,3 euro. La casa di Maranello nel secondo trimestre ha prodotto ricavi netti pari a 1,787 miliardi, in crescita del 4,4% rispetto all’anno precedente, consegnando 3.494 veicoli. L’utile operativo è pari a 552 milioni, in aumento dell’8,1% rispetto all’anno precedente, con un margine dell’utile operativo pari al 30,9%, l’utile netto è pari a 425 milioni (+3%) e utile diluito per azione è a 2,38 euro.
Crescite che il mercato ha ritenuto contenute. Gli analisti si aspettavano ricavi per 1,82 miliardi, mentre il Cavallino ha toccato la soglia di 1,79 miliardi, e poi il calo dell’1% delle consegne. Quando si tratta di Ferrari il mercato è esigente, nonostante la conferma da parte della Rossa di realizzare i target 2025. Peccato che gli investitori si aspettassero un rialzo della guidance che non è arrivato. Così il titolo ha perso oltre 9 miliardi di capitalizzazione in Borsa, scendendo sotto i 69.
Il gruppo controllato da Exor preferisce non commentare «l’andamento del titolo nel breve termine - dice l’ad di Ferrari, Benedetto Vigna, rispondendo agli analisti - abbiamo presentato risultati di tutto rispetto e anche una visione sull’anno in un contesto non chiaro. Andiamo avanti per la nostra strada».
Agli analisti non è bastata nemmeno la rimozione dell’impatto negativo dei dazi sui conti 2025 previsto dalla Ferrari dopo l’accordo tra Usa e Ue. Si rafforza così la fiducia verso gli obiettivi finanziari dell’anno: il rischio di una riduzione dei margini percentuali di 50 punti base, evidenziato il 27 marzo dopo l’introduzione delle tariffe Usa sulle auto, «è stato rimosso - spiega l’azienda - in seguito al recente accordo» e si attendono «minori costi industriali nella seconda parte dell’anno rispetto all’inizio». Non cambia però la politica commerciale con i ritocchi decisi ai listini per l’America. «Non la modificheremo - spiega Vigna - fino a quando la nuova tariffa del 15% non sarà effettivamente applicata, perché al momento non è ancora in vigore. Ci vorrà del tempo». E il Cavallino ha deciso comunque di comunicare al cliente in fattura l’extracosto provocato dalla imposta doganale degli Stati Uniti.
Vigna sottolinea che «l’order book arriva fino a inizio 2027» e che i nuovi modelli hanno avuto «un’ottima accoglienza». Rispettata la tabella di marcia: il piano 2023-2026 prevedeva 15 lanci, entro quest’anno saranno 14 e l’ultimo arriverà nel 2026. Nessun ritardo sull’elettrica, che sarà svelata a partire dal Capital Markets Day di ottobre: «Mai parlato di una seconda vettura», puntualizza. L’ad è convinto che «nonostante il contesto macroeconomico incerto, le tensioni geopolitiche in corso e la volatilità dei mercati, continuiamo a perseguire il nostro piano industriale con determinazione, disciplina e fiducia. Siamo ben preparati ad affrontare altre potenziali minacce macroeconomiche».
La Repubblica