Acqua, per ridurre sprechi necessarie riforme e finanza innovativa, ma i gestori in Italia fanno fatica

L’acqua è una risorsa sempre più scarsa e pertanto gestirla bene è fondamentale: in Italia si perdono ancora troppi litri a causa di reti e infrastrutture obsolete, mentre servirebbero investimenti, innovazione e un sistema più unito per garantire un futuro sostenibile e affrontare le sfide ambientali ed economiche. Lungo la Penisola, i gestori con solida stabilità finanziaria sono diminuiti negli ultimi anni dando spazio a nuove realtà con potenziale di crescita ma di dimensioni ridotte. Tale fenomeno ha aumentato la frammentazione del settore che rimane uno dei principali ostacoli allo sviluppo. È quanto rileva lo studio condotto dal Laboratorio REF in collaborazione con CRIF Ratings che ha valutato il merito di credito dei 100 principali gestori idrici italiani. Dall’analisi emerge come la stabilità finanziaria dei gestori idrici italiani è stata messa alla prova da crisi economiche e infrastrutturali. L’indebitamento netto è aumentato per molti operatori, riducendo la loro capacità di investimento e mettendo sotto pressione la sostenibilità del settore.
E se per affrontare la crisi idrica che sta colpendo un’Europa sempre più secca, la Commissione Europea ha in cantiere una direttiva per fare in modo che ciascun Stato Membro riduca del 10% il consumo di acqua entro il 2030, l’Italia deve fare i conti con un sistema da migliorare in primo luogo dal punto di vista di sprechi e inefficienze considerando che gli acquedotti italiani disperdono oltre il 40% dell’acqua che trasportano con picchi fino al 70%.
Per affrontare queste sfide, è essenziale puntare su strumenti finanziari innovativi, tra cui prestiti BEI, Green Bond e blended finance, che potrebbero sostenere la modernizzazione del settore. D’altro canto già dal 2020 l’UE ha fornito prescrizioni minime per il riutilizzo delle acque reflue, promuovendo tecnologie avanzate per limitare l’estrazione dai corpi idrici e ridurre l’impatto ambientale. Investire in soluzioni digitali, sistemi di monitoraggio e tecniche di irrigazione efficienti può contribuire a preservare questa risorsa vitale e garantire un futuro più sostenibile.
Tuttavia, la capacità di indebitamento residua non è sufficiente a coprire i fabbisogni crescenti, rendendo necessario un maggiore sostegno pubblico attraverso programmi strutturali e partenariati pubblico-privati.
Tra il 2019 e il 2023, il numero di Aggregatori, ovvero le aziende più solide finanziariamente e con una forte capacità di investimento, è diminuito da 35 a 29. Questo calo è stato in parte dovuto alla pandemia e alla crisi Russia-Ucraina, che hanno indebolito la stabilità economica di alcuni gestori.
Nel frattempo, i Potenziali aggregatori, ovvero quelle realtà con buona stabilità finanziaria ma con una crescita del bacino di utenza non necessariamente legata agli investimenti, sono aumentati di 4 unità, arrivando a 14. Anche gli Stand Alone, operatori sostenibili ma con margini di efficienza inferiori rispetto agli Aggregatori, hanno registrato un incremento, passando da 20 a 34 gestori.
Parallelamente, il cluster dei Piccoli precari, formato da gestioni fragili con difficoltà strutturali, si è ridotto notevolmente, scendendo da 31 a 18. Questo dato riflette il fatto che alcune di queste realtà hanno saputo evolversi, rafforzando le proprie strutture e migliorando la redditività, tanto da entrare nel gruppo dei Potenziali aggregatori o Stand Alone.
Infine, i Piccoli insostenibili, il gruppo più vulnerabile dal punto di vista finanziario, hanno visto un lieve incremento, passando da 4 a 5 gestioni. Questo segmento continua a rappresentare la parte più fragile del settore, con difficoltà nell’attrarre investimenti e garantire la continuità operativa.
Nel complesso, il settore ha mostrato una selezione naturale, con le gestioni più efficienti che si sono consolidate e quelle meno strutturate che hanno dovuto affrontare sfide sempre più complesse. Questo processo di evoluzione è un segnale positivo per la crescita e la stabilità del comparto idrico, indicando una progressiva maturazione delle aziende che operano nel settore.
Il settore idrico italiano ha vissuto significativi cambiamenti, con operatori che hanno scalato le classifiche di efficienza e sostenibilità, mentre altri hanno affrontato sfide finanziarie crescenti. Nell’ambito della gestione idrica sei operatori hanno fatto il passaggio da Potenziali aggregatori a Aggregatori, con quattro gestori attivi nel Nord (due in Veneto: Alto Trevigiano Servizi e Piave Servizi; due in Lombardia: MM e Uniacque) e due nel Centro-Sud (AMAP in Sicilia e CIIP nelle Marche). Per MM e CIIP, il passaggio è avvenuto grazie alla riduzione del rapporto PFN/EBITDA di oltre il 40%, mentre per gli altri è stato determinato da un miglioramento della redditività operativa. Anche AQA (Lombardia) ha visto un incremento significativo dell’EBITDA margin (+8 punti percentuali), guadagnandosi l’ingresso tra i Potenziali aggregatori.

Nello stesso periodo, 12 gestori sono passati da Piccoli precari a Stand Alone, tra cui Acquaenna (Sicilia), che ha ridotto significativamente l’esposizione debitoria, e altri come Aimag (Emilia-Romagna), Sorgeaqua (Emilia-Romagna), Acque del Chiampo (Veneto) e Consorzio Acquedottistico Marsicano (Abruzzo), che hanno migliorato la propria sostenibilità finanziaria riducendo il rapporto PFN/EBITDA. Allo stesso tempo S.I.I., CONSAC, ATAC, ASIS e Hydrogea hanno inoltre registrato un miglioramento generalizzato della redditività.
Tra i gestori promossi di un cluster, GE.SE.SA. e Rivieracqua sono passati a Piccoli precari, con il primo che ha raddoppiato il EBITDA margin e il secondo che ha trasformato il proprio margine operativo da negativo a positivo.
Tuttavia, alcuni operatori hanno registrato un declino, come VERITAS (Veneto), passato da Potenziali aggregatori a Stand Alone per un calo delle disponibilità liquide. Acqua Pubblica Sabina, Sistemi Salerno, AMAG e Acquedotti S.C.P.A. sono scesi da Stand Alone a Piccoli precari, principalmente a causa dell’incremento dell’indebitamento o della forte contrazione del margine operativo lordo (-40% per AMAG, -60% per Acquedotti S.C.P.A.).
Infine, il cluster degli Aggregatori ha visto l’uscita di Brianzacque, il cui rapporto PFN/EBITDA è peggiorato a seguito di un aumento dell’indebitamento netto del 30%, mentre Azienda Servizi Valtrompia è passata dai Piccoli precari ai Piccoli insostenibili a causa di un netto calo della redditività, ora in territorio negativo.
Tra il 2022 e il 2023, il settore idrico ha mantenuto performance economico-finanziarie stabili, con un miglioramento della redditività operativa pari a +4,5 punti percentuali nell’EBITDA margin, grazie alla riduzione dei costi operativi. Tuttavia, i ricavi hanno mostrato un lieve calo (-0,5%), dopo un trend di crescita annuale del 4,3% tra il 2019 e il 2022.
A livello di singoli cluster, gli Aggregatori hanno registrato un incremento della redditività (+3 punti percentuali), superando per la prima volta il 40% di EBITDA margin, ma con una maggiore pressione finanziaria, dovuta a una riduzione delle disponibilità liquide e a un aumento della PFN (+19%), che ha peggiorato i rapporti PFN/PN (da 0,26 a 0,34) e PFN/EBITDA (da 1,06 a 1,26). Per i Potenziali aggregatori, la redditività ha registrato il maggior aumento (+7,8 punti percentuali, con EBITDA margin al 28%), ma a fronte di una drastica riduzione della liquidità (-40%), che ha spinto i rapporti PFN/PN (da 0,75 a 0,96) e PFN/EBITDA (da 3,64 a 3,81) a livelli più critici.
Diversamente, il cluster degli Stand Alone ha visto un generale peggioramento delle condizioni finanziarie. La redditività è calata leggermente, ma il rapporto PFN/PN è triplicato tra il 2022 e il 2023, riflettendo un forte incremento dell’indebitamento netto (+149%) e una diminuzione della solidità patrimoniale.
I Piccoli precari, invece, hanno migliorato la loro solidità finanziaria, con una riduzione dei rapporti PFN/PN e PFN/EBITDA, grazie a una diminuzione della PFN (-29%), che ha compensato il calo dell’EBITDA (-14%) e del PN (-20%). Anche i Piccoli insostenibili hanno mostrato un miglioramento di tutti gli indicatori di merito creditizio.
L’analisi complessiva indica che i gruppi più avanzati hanno aumentato le loro tensioni finanziarie, cercando di sostenere gli investimenti nonostante le difficoltà economiche, mentre i cluster meno strutturati hanno sacrificato nuovi interventi per garantire la sostenibilità finanziaria delle loro operazioni.
La frammentazione della gestione idrica rappresenta una delle principali sfide per la creazione di un sistema più solido ed efficiente. L’obiettivo ideale sarebbe raggiungere almeno 93 gestioni uniche, una per bacino di affidamento, affiancate da poche gestioni in economia, secondo le disposizioni del Decreto Legislativo 125/2006.
Tuttavia, le attuali proposte di legge in discussione al Parlamento potrebbero rallentare questo processo, ampliando significativamente il numero di gestioni salvaguardate e concedendo deroghe ai Comuni con fino a 3.000 abitanti, rispetto al limite attuale di 1.000. Questa modifica potrebbe introdurre nuove incertezze nel percorso verso la creazione di gestori integrati e compromettere la realizzazione di interventi già finanziati con risorse pubbliche, come quelle del PNRR, React UE e PNIISI, come evidenziato dalla stessa ARERA.
Per favorire un consolidamento efficace, l’attenzione dovrebbe concentrarsi sulle Regioni con un elevato numero di piccoli operatori, tra cui Lombardia, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia e Veneto al Nord, Lazio, Marche e Umbria al Centro, e Abruzzo, Campania e Sicilia al Sud. I territori attualmente serviti dai Piccoli insostenibili potrebbero trarre vantaggio dalla riduzione della frammentazione gestionale, con la creazione di soggetti più strutturati e finanziariamente solidi, in grado di affrontare le sfide imposte dal cambiamento climatico, dalle nuove normative europee (Direttiva Acque Reflue) e dalle regolazioni nazionali (RQTI).
Anche il cluster dei Piccoli precari necessiterebbe di un consolidamento per rafforzare la propria posizione economico-finanziaria, spesso poco efficiente. Ridurre la frammentazione gestionale potrebbe accelerare lo sviluppo di infrastrutture idriche più moderne, migliorare la qualità del servizio e garantire un sistema più sostenibile a lungo termine.

L’analisi della sostenibilità finanziaria delle principali 100 operatori per la gestione idrica in Italia ha messo in luce la capacità del settore di attivare nuove risorse per supportare gli investimenti e l’evoluzione tariffaria. Il potenziale di nuovi finanziamenti, stimato in 5,5 miliardi di euro, potrebbe essere sfruttato da 81 operatori in regola con i requisiti per l’accesso al credito. Sebbene sia una cifra rilevante, rappresenta comunque un importo equivalente a una sola annualità di investimenti dell’intero sistema.
La bancabilità del settore idrico ha registrato una crescita significativa negli ultimi anni. A partire dal 2017, il volume dei finanziamenti è passato da 600 milioni di euro a 1,5 miliardi nel 2019. Tuttavia, la pandemia da Covid-19 ha rallentato le erogazioni bancarie, riducendo l’accesso al credito per molte gestioni. A compensare parzialmente questo calo sono stati i fondi stanziati dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI), che nel 2020 hanno registrato un incremento del 41% rispetto all’anno precedente.
Nel periodo 2021-2024, i finanziamenti hanno avuto un andamento altalenante. Dopo un recupero nel 2021, con un incremento di oltre 300 milioni, nel 2022 si è verificato un forte calo, seguito da una ripresa nel 2023, con circa 1,3 miliardi di euro erogati, e un ulteriore riduzione nel 2024, con finanziamenti pari a 900 milioni di euro.
Nel complesso, tra il 2017 e il 2024, il settore ha ricevuto 8,7 miliardi di euro in finanziamenti. La principale fonte di capitale è rappresentata dall’emissione di bond, che copre 42% del totale, seguita dai fondi della BEI (34%) e dalle erogazioni bancarie (23%). Sebbene il contributo del sistema bancario potrebbe essere sottostimato, i dati confermano il crescente ruolo degli strumenti finanziari innovativi per sostenere il settore idrico.
Nonostante la riforma introdotta dalla Legge Galli puntasse a garantire l’autonomia finanziaria del settore idrico attraverso il meccanismo tariffario, la finanza pubblica ha continuato a giocare un ruolo chiave, soprattutto grazie ai fondi del PNRR e di React UE. Tuttavia, il livello delle tariffe in Italia rimane inferiore rispetto agli altri Paesi europei e il crescente fabbisogno di investimenti rischia di rendere insufficiente il ricorso esclusivo al mercato del credito. Per questo motivo, si stanno valutando strumenti finanziari alternativi capaci di affiancare le risorse pubbliche con capitali privati.
Data la limitata disponibilità di fondi pubblici, si guarda con sempre maggiore interesse ai modelli finanziari misti, in cui lo Stato non contribuisce direttamente ai finanziamenti ma fornisce garanzie per rendere i progetti bancabili. Un esempio sono gli strumenti finanziari blended, che prevedono il coinvolgimento di soggetti istituzionali come fondi sovrani e fondi pensionistici pubblici, rendendo gli investimenti più attrattivi grazie a una chiara definizione del rischio.
Parallelamente, il Partenariato Pubblico-Privato (PPP) sta emergendo come una soluzione strategica per favorire la collaborazione tra gestori idrici e operatori privati. Con l’introduzione del nuovo metodo tariffario MTI-4, l’Autorità ARERA ha aperto alla possibilità di coinvolgere soggetti terzi, sia finanziari che industriali, per sostenere lo sviluppo delle infrastrutture idriche. Questo modello è particolarmente vantaggioso per i gestori medio-piccoli a prevalente capitale pubblico, che potrebbero beneficiare dell’expertise e delle risorse finanziarie di operatori privati nella costruzione e gestione degli impianti.
Il PPP si rivela particolarmente utile per progetti complessi, che richiedono competenze tecnologiche avanzate non sempre disponibili internamente alle aziende idriche. Può risultare vantaggioso anche per iniziative multidisciplinari, come l’installazione di impianti fotovoltaici, il potenziamento della depurazione o lo sviluppo di piattaforme digitali per la gestione del servizio. Inoltre, permette di accelerare investimenti che, con il solo finanziamento tariffario, avrebbero tempi di realizzazione più dilatati.

I benefici del PPP vanno oltre il semplice accesso ai finanziamenti. Da un lato, migliora l’efficienza operativa, grazie al know-how maturato dai privati in contesti simili. Dall’altro, garantisce una maggiore disponibilità di capitale, essenziale per gestori con leve di indebitamento già saturate. Inoltre, favorisce l’innovazione tecnologica, contribuendo a migliorare la qualità del servizio e a raggiungere gli obiettivi di neutralità energetica, imposti dalla nuova Direttiva Acque Reflue.
L’adozione su larga scala del PPP potrebbe rappresentare una svolta decisiva per il settore idrico italiano, facilitando la modernizzazione delle infrastrutture e promuovendo una gestione idrica più efficiente e sostenibile.
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