Shein punta su negozi fisici e sfilate. Perché il big dell’ultra fast fashion sta cambiando approccio
Una rete di punti vendita permanenti in Francia, a partire da Parigi e dal Bvh nel super modaiolo Marais, per poi fare tappa a Digione, Reims, Grenoble, Angers e Limoges in department store a insegna Galeries Lafayette. Le più famose di Francia. E poi una sfilata -evento in presenza, organizzata a Milano il prossimo 16 ottobre, non per supportare designer emergenti (come accaduto in passato a Parigi) ma per presentare la collezione autunno inverno 2026.
Le iniziative annunciate da Shein si prestano a una lettura interessante: il gigante dell’ultra fast fashion, infatti, sembra aver avviato un processo di cambiamento (parziale) nell’approccio al business, andando oltre le vendite online e il modello di produzione on demand che preve(va) un’offerta monstre (dai 3 ai 6mila prodotti nuovi al giorno, ma poche centinaia realmente prodotti per ogni reference). Tutto ciò in risposta, forse, a una serie di trasformazioni delle condizioni di mercato dipese da fattori “esterni” a cui l’azienda - fondata nel 2012 da Chris Xu, attualmente con sede a Singapore - si trova a fare fronte: i cambiamenti delle abitudini di acquisto della clientela americana ed europea; i dazi americani che hanno appesantito i listini (seppur bassissimi) di Shein. Ma anche le nuove politiche doganali degli Stati Uniti che nell’agosto 2025 hanno abolito l’esenzione de minimis per i pacchi ordinati online con un valore inferiore agli 800 dollari. Una norma che dovrebbe trovare attuazione, entro il 2028, anche nell’Unione europea: è caldeggiata anche dalla Commissione europea, che ha inviato su questo tema una raccomandazione ai co-legislatori lo scorso febbraio, ed è una priorità strategica per le aziende del settore tessile-moda che di recente, a Parigi, hanno firmato un appello congiunto alle istituzioni comunitarie.
In passato Shein ha più volte sperimentato la vendita in negozi fisici, ma solo con un orizzonte limitato: ha aperto temporary store negli Usa, nelle principali capitali europee e anche in Italia, da Verona a Napoli passando per Milano. Nella storia, seppur breve, dell’azienda c’è anche un tentativo (non riuscito) di partnership con l’insegna di moda teen americana Forever 21: nel 2023 Shein ha stretto un accordo con la parent company Sparc Group per distribuire prodotti a marchio Forever 21 sulla propria piattaforma e, in cambio, utilizzare la rete di negozi fisici di Forever21 per rafforzare la propria presenza negli Usa (il mercato principale di Shein, insieme all’Europa) e offrire alcuni servizi come il reso in negozio. La collaborazione non ha funzionato e Forever 21, a febbraio 2025, ha depositato istanza di fallimento (il famoso Chapter 11) per la seconda volta in sei anni.
È la prima volta, tuttavia, che l’azienda annuncia aperture permanenti (in partnership con la Societé des Grands Magasins, a cui la casa madre ha ceduto i punti vendita a insegna Galeries Lafayette e Bvh) che probabilmente porteranno Shein a correggere il tiro di un modello di business che l’azienda ha sempre descritto come “on demand”. Nel 2023 in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore il manager Peter Pearnot-Day lo raccontava così: «Il modello è basato su quello che chiamiamo “manifattura on demand”. Noi creiamo un design ne produciamo fino a 200 esemplari in tutto il mondo. Poi lo mettiamo online e vediamo se e quanti consumatori acquistano il capo. Lo produciamo in base alla domanda, altrimenti mettiamo quei pochi esemplari in saldo e non lo riproponiamo. Così tagliamo gli “scarti”, non dovendo indovinare cosa vorranno i consumatori». Questo tipo di produzione, secondo il management di Shein, sarebbe stata decisiva nel limitare l’impatto ambientale di un business che è sempre stato (ed è) molto controverso su questo fronte e su quello della responsabilità sociale. Un tema caldo sia in Francia, dove a giugno è stata approvata al Senato una legge contro il fast fashion, ma anche in Italia dove Shein, ad agosto, è stato sanzionato dall’Agcm per 1 milione di euro.
La presenza di ben cinque punti vendita in Francia, però, non appare del tutto compatibile con questo modello di produzione “a richiesta” visto che i negozi necessitano di uno stock. Sarebbere però in linea con l’intenzione dell’azienda di aprire più strutture logistiche in Europa: in Italia a dicembre 2025 verrà chiusa quella di Stradella, aperta nel 2022 con la gestione esterna di Fiege Logistics, ma ne verrà aperta una in Polonia. Una mossa, quella di incrementare la presenza comunitaria, da leggersi anche nell’0ttica di una riforma delle norme doganali: indiscrezioni hanno parlato di una tassa di due euro a pacco per quelli provenienti da Paesi extra Ue (la maggior parte arriva dalla Cina, dove produce anche Shein) che si ridurrebbe a 80 centesimi nel caso di un’azienda con magazzini in Europa.
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