Tumori, perché solo un centro su due si occupa di nutrizione?

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Tumori, perché solo un centro su due si occupa di nutrizione?

Tumori, perché solo un centro su due si occupa di nutrizione?

Da una parte c’è il calo del peso, anche oltre il 15-20%. Dall’altra c’è un aumento, con l'accumulo di massa grassa a scapito di quella muscolare. Sono i due lati della stessa medaglia, ossia la gestione della nutrizione in chi ha un tumore. Con ricadute importanti: nel primo caso sulla possibilità di seguire le cure, nel secondo sul rischio di sindrome metabolica e di recidiva. In entrambi i casi, quindi, sulla prognosi. E poi ci sono tutti gli altri pazienti, che magari inizialmente non hanno evidenti problemi di nutrizione, ma che con la diagnosi cominciano a cambiare abitudini alimentari, privandosi magari di alimenti indispensabili, senza alcun controllo medico. È in questo scenario che va considerato un nuovo dato: circa la metà (49%) dei centri oncologici non prevede ancora un percorso dedicato alla nutrizione e all’alimentazione. È quanto emerge dall’indagine “Percorsi di screening nutrizionali in oncologia” condotta dal Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (Cipomo) su cento strutture di tutto il territorio italiano, e presentata oggi al XXIX Congresso nazionale della società scientifica, in corso a Firenze.

Mancano percorsi organizzati

“Oggi c’è una grande consapevolezza sull’importanza della nutrizione, che viene sempre più spesso presa in considerazione, ma non è ancora messa a sistema”, spiega Luisa Fioretto, presidente Cipomo e direttore del Dipartimento Oncologico Ausl Toscana Centro. In molti casi mancano ancora dei percorsi organizzati, come prevedono le linee guida e nel rispetto delle competenze dei diversi professionisti: “Già durante la prima visita oncologica, per esempio, bisognerebbe effettuare una prima analisi dello stato nutrizionale del paziente. Bisogna considerare che oltre la metà dei pazienti oncologici presenta alterazioni dello stato nutrizionale, con il 9% chiaramente malnutrito e il 42% a rischio di malnutrizione al momento della prima visita”.

Screening nutrizionale alla prima visita

Ma lo screening nutrizionale viene fatto in contemporanea o subito dopo la prima visita solo in due terzi dei centri oncologici considerati nella survey, mentre resta fuori il 33%. “Nella maggior parte dei casi, però, viene effettuato di routine solo ai pazienti con calo ponderale, in sovrappeso o in sottopeso, non a tutti i pazienti - specifica a Salute Federica Grosso, responsabile scientifica della survey e oncologa all’Azienda Ospedaliera Universitaria di Alessandria - Se non sono presenti problemi di peso evidenti, nel 40% dei casi non vengono chieste neanche le abitudini alimentari. Questo però può avere un grande impatto: il paziente potrebbe essere vegano o aver deciso di non toccare più gli zuccheri, come spesso accade. Averne cognizione è importante, perché può portare a carenze”. A questo si aggiunga che il 30% degli ospedali non impiega strumenti di screening nutrizionale validati. Quando effettuato, inoltre, lo screening nutrizionale viene inserito nella cartella clinica informatizzata in modo sistematico solo nel 65% dei casi.

Sottonutrizione e sarcopenia

I casi più frequenti di sottonutrizione si verificano nei tumori testa-collo, gastrointestinali - in particolare a stomaco, pancreas, fegato (con esclusione di quello al colon-retto) e del polmone, o quando sono presenti metastasi nel tratto digestivo, spiegano gli esperti. Nelle donne con tumore al seno in terapia anti-ormonale, invece, bisogna prestare attenzione all’aumento del peso, conseguenza delle terapie stesse, con la comparsa di sarcopenia. “Il nostro obiettivo però, che è quello per cui abbiamo condotto questa indagine, è che tutti i pazienti oncologici vengano inviati a un professionista della nutrizione”, sottolinea Grosso.

La presenza di specialisti della nutrizione

Non a caso “cosa posso mangiare?” è tra le prime domande che vengono poste dopo la diagnosi. Oggi, infatti, si parla tanto anche di salute del microbiota ed è ormai noto che un adeguato supporto nutrizionale migliora la tolleranza ai trattamenti, sostiene il sistema immunitario, preserva la qualità di vita. Bene, ma nei centri che prevedono dei percorsi nutrizionali ci sono figure specializzate? Qui i dati si fanno più positivi: sono presenti nell’86% dei casi. Parliamo di nutrizionisti e dietisti (51%), medici dietologi (27%), oncologi e infermieri dedicati (11% ciascuno).

La riorganizzazione necessaria

Nonostante le criticità, il consenso sull’importanza della nutrizione in oncologia è quasi unanime: il 97% dei partecipanti alla survey ritiene necessario un percorso nazionale sulla nutrizione, il 98% auspica una maggiore integrazione nei percorsi oncologici e un ulteriore 97% richiede più formazione per gli oncologi. Insomma, il bicchiere può essere visto comunque mezzo pieno: “Ambulatori e percorsi nutrizionali dedicati rappresentano uno degli aspetti nodali affrontati nell’ambito del laboratorio Cipomo, che ha avviato un processo di riconfigurazione organizzativa dei reparti di oncologia ospedaliera nel Paese – conclude la presidente Fioretto – La gestione nutrizionale precoce e continuativa deve diventare una parte integrante e sistematica del percorso oncologico in continuità con i servizi territoriali, in linea con la Carta dei diritti del paziente oncologico, le Linee Guida Aiom e le Linee di indirizzo del Ministero della Salute”.

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