Tumore del polmone, una nuova terapia mirata al posto della chemio

Non più chemioterapia, ma un farmaco mirato che si è dimostrato molto più efficace nel ridurre il rischio di recidive. La novità riguarda una forma abbastanza rara di tumore del polmone, quello che presenta la mutazione (o, meglio, la traslocazione) del gene ALK, e che rappresenta dal 3 al 5 per cento dei carcinomi polmonari non a piccole cellule.
Per questi pazienti - che sono spesso giovani e non fumatori - il farmaco alectinib, già impiegato nei casi metastatici, potrà ora essere prescritto in Italia anche nei casi precoci ad alto rischio di recidiva (stadi IB-IIIA). Si tratta della prima approvazione da parte di Aifa (Agenzia italiana del farmaco) di una terapia a bersaglio molecolare come trattamento adiuvante per questa forma di tumore.
Cosa vuol dire affrontare una recidivaNel 2024 si stima che il tumore del polmone abbia colpito quasi 45 mila persone nel nostro paese. Di questi, circa il 30% può essere operato. A seconda del profilo molecolare e dello stadio, però, ci può essere un alto rischio che il tumore torni: nel caso dei carcinomi polmonari ALK-positivi, questo si verifica in circa la metà dei casi nell’arco di tre anni: “Sappiamo che anche negli stadi iniziali, pur essendo la chirurgia radicale il gold standard di cura, la malattia non è guaribile nel cento per cento dei casi - dice Silvia Novello professoressa ordinaria di Oncologia Medica all’Università di Torino, direttore dell’Oncologia Medica dell’Ospedale San Luigi di Orbassano e presidente dell’associazione Walce (Women Against Lung Cancer in Europe) - Cosa accade a quel paziente e a quella famiglia quando la malattia torna? Quello è spesso il momento più difficile anche a livello psicologico, perché la speranza di essersi lasciati tutto alle spalle dopo l'intervento e i primi trattamenti è molto forte. Avere quindi un farmaco che in grado di ridurre significativamente le percentuali di recidiva nei pazienti ALK positivi sottoposti ad intervento chirurgico è un vero cambiamento nello scenario dell’oncologia toracica, che porta a un reale miglioramento del percorso di cura, dell’aspettativa e della qualità di vita dei pazienti”.
Una terapia mirata contro le mutazioni di AlkI miglioramenti di cui parla Novello - e su cui si è basata la decisione di Aifa - erano stati dimostrati dallo studio clinico Alina: una riduzione del rischio di recidiva o di morte del 76% rispetto alla chemioterapia a base di platino. A questo si aggiunge una riduzione o un rallentamento della comparsa delle metastasi cerebrali, che hanno un impatto emotivo sul paziente più forte di quelle in altre sedi.
“I risultati dello studio Alina hanno dimostrato l'efficacia superiore di alectinib nel ridurre il rischio di recidiva di malattia rispetto alla chemioterapia standard, con un profilo di tollerabilità favorevole. Queste evidenze offrono una nuova opportunità terapeutica per i pazienti in fase precoce di malattia ALK traslocata - conferma Filippo de Marinis, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Toracica (Aiot) e direttore della Divisione di Oncologia Toracica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano - Adottare un approccio personalizzato, che tenga conto delle caratteristiche individuali del paziente e della malattia, rappresenta una strategia fondamentale nelle fasi iniziali del tumore”.
Profilazione genomica fin dai primi stadiEcco allora che testare i pazienti per individuare eventuali mutazioni, come quelle di ALK, diviene fondamentale anche nei pazienti con malattia in stadio precoce, e non solo per la fase metastatica. Ma quanto è diffuso il ricorso a questi test molecolari? “Se parliamo della esecuzione dei test anche prima dell’intervento, non è ancora una prassi consolidata - risponde Luisella Righi, professoressa associata di Anatomia Patologica all’Università di Torino, Ospedale San Luigi Gonzaga – Colmare i gap esistenti è fondamentale per garantire a tutti i pazienti un trattamento personalizzato e realmente efficace sin dalle fasi iniziali della malattia”.
L’approccio deve essere sempre multidisciplinareInsomma, la chirurgia resta fondamentale, ma i risultati si ottengono solo se viene inserita in un contesto di reale multidisciplinarietà. Che, per Francesco Facciolo, ????presidente della Società Italiana di Chirurgia Toracica, è meno diffuso di quanto dovrebbe: “La disponibilità di nuove opzioni terapeutiche pre o post chirurgia sta rafforzando il bisogno di questa sinergia, ma ci sono ancora margini di miglioramento. È fondamentale - conclude - ottimizzare il dialogo tra le diverse figure specialistiche, soprattutto tra oncologi e chirurghi, per garantire una presa in carico tempestiva e realmente integrata del paziente”.
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