Influenza in arrivo, quando vaccinarsi (e chi deve farlo)

Dinanzi alle previsioni catastrofiche sulla stagione influenzale che verrà, più che la questione del “se” vaccinarsi, diventa fondamentale capire “quando” è meglio farlo. A inizio campagna vaccinale, quindi subito ad ottobre? Oppure è meglio aspettare novembre-dicembre per evitare che l’efficacia del vaccino scemi quando più serve? “E’ una scelta che andrebbe fatta in base alla latitudine in cui si vive”, suggerisce Silvestro Scotti, segretario generale nazionale della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG).
A ottobre“Nelle regioni in cui l’estate tende a prolungarsi, come nel Meridione, sarebbe preferibile non vaccinarsi troppo presto, in modo da mantenere un’immunità più alta fino a marzo e aprile”, spiega Scotti. “Fino quando c’è bel tempo e si fa più vita all’aperto la diffusione dei virus influenzali è bassa e c’è meno bisogno di protezione”, aggiunge. E considerato che l’immunità offerta dal vaccino dura circa 6 mesi, ritardare un po’ la vaccinazione verso novembre può essere un modo per prolungarne l’efficacia. “Il vaccino non smette improvvisamente di funzionare - spiega Scotti - ma la sua efficacia cala progressivamente nel tempo”. Quindi, se somministrato troppo presto, rischia di fare “cilecca”, specialmente nelle stagioni in cui il picco è “ritardato” o in caso si verificasse un colpo di coda a fine stagione.
A novembrePer coloro che abitano nelle aree più fredde d’Italia, il consiglio invece è di non perdere tempo. “Le regioni del Nord sono più esposte ad abbassamenti di temperatura e anche le attività al chiuso iniziano molto prima”, dice Scotti. “I fenomeni di raffreddamento favoriscono lo sviluppo e la diffusione dei virus influenzali. Come ci ha insegnato il Covid - continua - uno starnuto può portare il virus lontano anche per qualche metro”. Dunque, se si aspetta troppo a lungo, si rischia di contrarre la malattia prima che il vaccino abbia avuto il tempo di agire. “Ricordiamo che il vaccino impiega all’incirca due settimane per sviluppare la protezione completa, momento in cui il sistema immunitario ha prodotto gli anticorpi specifici contro i virus influenzali”, spiega Scotti. Dopo l’inoculazione, i linfociti iniziano ad attivarsi poche ore dopo, ma servono circa quindici giorni perché i linfociti B rilascino la quantità necessaria di anticorpi per fornire la piena protezione.
Anziani e fragiliSulla scelta della tempistica della vaccinazione degli anziani e dei fragili il medico di medicina generale deve giocare un ruolo di primo piano. “Al medico si chiede di controllare e valutare i dati epidemiologici degli anni passati per verificare il periodo di massima incidenza e, sulla base di questo, raccomandare ai propri pazienti quando è meglio vaccinarsi”, sottolinea Scotti. Tuttavia, può capitare anche di non avere alcuna scelta. “Molto dipende da quando verranno messi a disposizione i vaccini e questo prescinde dalla volontà di medici e pazienti”, spiega Scotti. “In alcune stagioni abbiamo avuto i vaccini anche molto in ritardo. Tutto dipende dai sistemi di distribuzione gestiti dalle Regioni e dalle aziende sanitarie”, aggiunge.
Meglio tardi che maiIn ogni caso il consiglio è comunque di vaccinarsi. Della serie meglio tardi che mai. “Anche a dicembre, gennaio o febbraio è sempre un bene vaccinarsi, sia tra le categorie per le quali è raccomandato e offerto gratuitamente, che per il resto della popolazione”, evidenzia Scotti. “Vaccinarsi significa proteggere le persone intorno a noi e comunque evitare giorni di febbre e malessere che possono essere affrontati solo con terapie sintomatiche, come antipiretici e in alcuni casi anti-infiammatori. Senza contare - aggiunge - che l’influenza comunque rappresenta un costo economico e sociale che possiamo risparmiarci”. La speranza è che la popolazione risponda meglio di quanto abbiamo fatto la scorsa stagione.
Solo metà degli over 65 si è vaccinatoSecondo i dati emersi dalla report del ministero della Salute, la scorsa stagione la copertura vaccinale tra gli over 65 è rimasta al di sotto del livello minimo raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). La copertura nella popolazione generale si è attestata al 19,6%, in lieve crescita rispetto al 18,9% dell’anno precedente. Ma tra gli over 65, target prioritario della campagna, la quota si ferma al 52,5%, in calo rispetto al 53,3% della stagione 2023-2024 e ancora distante dall’obiettivo del 75% fissato dagli standard internazionali. In controtendenza le coperture tra i bambini in età scolare (5-8 anni), con una media nazionale del 29,1% e punte del 75,2% nella PA di Trento, a conferma dell’efficacia delle campagne mirate. Tra gli adulti 18-64 anni, invece, le coperture restano molto basse, tra il 4 e il 12%, indicando un segmento di popolazione ancora scarsamente protetto.
La Repubblica