Tajani punta ai diritti civili, ma dietro lo Ius Scholae spunta la legge elettorale

Il leader azzurro rimanda a settembre
Il segretario di FI rilancia ma non rompe con la destra: no aperture al Pd. Ma le cose potrebbero cambiare con una nuova legge elettorale

Tajani si è arreso, ha mollato, ingranato la retromarcia. La solfa sullo “Ius Scholae” è il solito motivetto estivo, effimero e leggero, destinato a svanire con l’arrivo dell’autunno. Una sceneggiata. È vero che il leader azzurro si muove con giustificata circospezione. Ma che la sua proposta sulla cittadinanza sia solo propaganda facile è certamente falso e che abbia già deciso di sbandierarla senza mai portarla fino in fondo è tutto da dimostrarsi. Lui, di certo, nega e smentisce con una certa decisione: “Lavoreremo dopo l’estate per aprire un dibattito sulla questione. Non faccio marce indietro e non cambio posizione: ho senso di responsabilità”. Adelante con mucho juicio.
Solo su un punto, certo essenziale, il leader azzurro ha corretto la linea. Era partito dicendosi pronto a trattare con tutti. È approdato a un’offerta ultimativa rivolta soprattutto al Pd: prendere o lasciare. “Sui dieci anni di scuola per ottenere la cittadinanza non cediamo: chi vuole seguirci lo farà quando si discuterà in Parlamento. Non siamo un partito unico del centrodestra. Noi siamo diversi e questa proposta è in sintonia con il programma del centrodestra”. Va da sé che trattare la legge con il Pd avrebbe un effetto molto più dirompente del proporla – anche in dissenso con il resto della destra – come forza autonoma, ma senza mediare con l’opposizione. Del resto, è proprio l’indisponibilità a trattare che, se la legge di Tajani arrivasse al voto oggi, renderebbe molto difficile per il partito di Elly votarla.
Tajani insomma è prudente ed evita forzature eccessive. Però è probabile che intenda andare avanti davvero e in un certo senso è obbligato a farlo, perché questo gli impongono sia la strategia di lungo periodo che ha scelto, sia le pressioni della famiglia Berlusconi. Il leader azzurro mira a fare di Fi una forza di nuovo protagonista e non comprimaria. L’obiettivo, al momento distante, è trattare da pari a pari con la destra di Giorgia Meloni, sulla testa della Lega. Questo chiede la famiglia, adoperando come leva i diritti civili, e questo mira a fare, magari con minor fretta, lo stesso ministro degli Esteri. La forza elettorale è covinto di doverla prendere non rubando voti ai alleati, missione del resto più o meno impossibile, ma da quella vasta area di elettori reali o virtuali centristi sin qui orientati a sinistra che non si riconoscono nelle posizioni del Pd di Elly o del centrosinistra a guida Schlein-Conte. Ce ne sono. È quella fascia di elettorato mai davvero attenta ai diritti sociali, liberale e spesso anche liberista, che ci tiene però ai diritti civili e di libertà. La scommessa di Antonio Tajani è calamitare ampie porzioni di quell’elettorato e per farcela deve per forza puntare sui diritti anche a costo di rischiare lo scontro con il resto della destra. In questo caso, il leader azzurro ritiene che il rischio sia in fondo limitato. La proposta che avanza era nella scorsa legislatura quella di FdI.
Nel complesso, la sua legge è quasi restrittiva rispetto alla situazione attuale. In effetti la reazione di FdI, a differenza di quella della Lega, è stata blanda. Donzelli ha confermato il disaccordo escludendo però il rischio di una crisi di governo. Rampelli considera la proposta azzurra “legittima e utile a stimolare una riflessione sul tema”. Se sono rose…Di certo, almeno per ora, Tajani non considera neppure l’ipotesi di sganciarsi dal centrodestra per provare a costruire un centro autonomo in grado di proporsi come ago della bilancia. Diffida degli altri leader, tutti molto autocentrati, che dovrebbero confluire in quella ipoetitca formazione. Considererebbe anche solo l’idea un salto nel buio e in più è pienamente omogeneo a quell’area del Ppe che, in tutta Europa, vagheggia un’intesa con la destra, tagliando però fuori le aree sovraniste e antieuropeiste. La postazione a cui mira ha margini di autonomia e di identità specifica ma, almeno per ora, è anche saldamente inserita nel centrodestra senza tentazioni frontaliere. Le cose potrebbero cambiare se dai laboratori parlamentari, di solito simili a quelli del dottor Frankenstein, uscisse una legge elettorale tanto proporzionale da spostare a dopo le elezioni, invece che a prima delle stesse, la definizione delle alleanze: una sorta di proporzionale puro temperato solo dalla soglia di sbarramento. In quel caso tutto, e per tutti, tornerebbe in ballo.
l'Unità