Stop della Corte dei Conti e allarme dell'Anac, il Ponte preoccupa la maggioranza

Dietro le critiche alla Corte dei conti e le difese pubbliche del Ponte sullo Stretto, anche nella maggioranza non manca chi in privato esterna preoccupazioni. Le stesse che hanno spinto i tecnici del Mit nei giorni scorsi a suggerire a Matteo Salvini la linea attendista condivisa da Giorgia Meloni e Antonio Tajani nel vertice di Palazzo Chigi.
Secondo quanto filtra si sta cercando un dialogo con i giudici contabili, in attesa delle motivazioni della decisione con cui la sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato ha negato il visto di legittimità alla delibera del Cipess, necessario per far partire i lavori.
Fra gli aspetti che più stanno animando le polemiche c'è il rispetto della direttiva Ue del 2014 sugli appalti, che pone una serie di condizioni stringenti per non dover ricorrere a una nuova gara in caso di aumento di prezzo oltre il 50%. Non è la fattispecie di questa opera, ribadisce Pietro Ciucci, l'ad di Stretto di Messina, la società incaricata di sovrintendere alla costruzione: il possibile aumento a cui fa riferimento la direttiva, sostiene, "è relativo ai costi delle varianti lavori, mentre è detto in maniera esplicita che l'indicizzazione del prezzo non rientra tra le cause del superamento del 50% che obbliga a rifare la gara". Opposta è l'opinione del presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Giuseppe Busia, che vede rischi rispetto ai vincoli Ue sin da quando un anno fa il valore del Ponte è stato aggiornato a 13,5 miliardi. "Si poteva fare una nuova gara", spiega, suggerendo al governo di "attendere che la Commissione europea si pronunci con una interpretazione della direttiva per avere certezza almeno sul tetto massimo di spesa ammissibile".
Il countdown dei 30 giorni che la Corte ha per pubblicare le motivazioni è partito mercoledì, "ma ci auguriamo che possa servire meno tempo", dice Ciucci: "Pensiamo di essere in grado di dare le risposte a tutte le domande che ci verranno richieste, poiché tecnicamente convinti di aver rispettato tutte le normative italiane ed europee". Intanto, chiariscono fonti parlamentari di centrodestra spiegando la strategia all'insegna della cautela, l'input dall'alto è stato di accantonare le posizioni più dure espresse subito dopo lo stop al Ponte. Anche se Lino Ricchiuti, di FdI, ha attaccato il parere negativo della Corte dei conti, "una scelta politica mascherata da formalità", denunciando il "clima ideologico" dimostrato a suo dire dalle "posizioni pubbliche di alcuni magistrati contabili, come Marcello Degni, che ha definito il Ponte (con un tweet riportato ieri da Il Giornale, ndr) 'una minchiata', l'attuale Governo 'fascista' e ha persino scritto che bisognava 'farli sbavare di rabbia' riferendosi sempre al governo Meloni"
In parallelo alle analisi su eventuali errori di valutazione commessi in questi mesi, si lavora per preparare le soluzioni giuridiche, un dossier che ora è guidato da Palazzo Chigi, come spiegano fonti di maggioranza. Nel prossimo Consiglio dei ministri, mercoledì, è attesa un'informativa di Salvini, che nei giorni scorsi ha indicato come priorità quella di mettere in sicurezza i 3 miliardi stanziati dalla manovra dell'anno scorso ai lavori del Ponte per il 2025, destinati a slittare almeno a febbraio. Per blindare quei fondi con tutta probabilità dovranno essere rimodulate le tabelle del bilancio.
In questa incertezza, le mosse del governo restano nel mirino delle opposizioni. Il leader M5s Giuseppe Conte contesta la scelta di "buttare tutti quei soldi perché il ministro di turno vuole passare alla storia". E Angelo Bonelli è sicuro: "Il governo ha intrapreso una strada totalmente contra legem. il nostro ricorso alla Corte di Giustizia è già pronto. Siamo convinti che lo vinceremo".
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