Perché la Cisl sta correndo a destra, la crisi dell’unità sindacale

La crisi dell'unità sindacale
Non solo per gli orientamenti del suo gruppo dirigente ma perché è in corso in tutto il mondo spostamento a destra dei ceti popolari. E allora si apre il dialogo con Meloni. Ma questo apre nuove contraddizioni
Molti di noi sono rimasti sorpresi, a volte basiti, nel vedere il progressivo avvicinamento della CISL ai contenuti e all’operato del governo di Giorgia Meloni. Troppe volte abbiamo considerato questo spostamento come una semplice scelta verticista dei gruppi dirigenti, ma questa lettura non racconta e non spiega l’intera storia delle cause. Le riflessioni che seguono cercano di individuare alcuni dei principali fattori di questa inusuale collocazione della Cisl.
Lo spostamento a destra dei ceti popolariIn molti paesi occidentali, a partire dagli Stati Uniti, si sta assistendo a uno spostamento dei ceti popolari e dei meno abbienti verso le formazioni politiche e culturali di destra, Italia inclusa. Questo fenomeno, che ha visto una parte significativa dei lavoratori – sia autonomi sia dipendenti – orientarsi verso la destra o, comunque, verso formazioni politiche non tradizionalmente vicine al centro-sinistra, ha avuto, a nostro avviso, ricadute indirette anche sulle strategie scelte dalla CISL, allontanandole dai valori e dalla pratica della solidarietà per convergere su orientamenti e pratiche di neo-corporativismo. Storicamente, la CISL ha rappresentato una visione innovativa del contrattualismo riformista nei negoziati con i governi. Il sindacato “riformista” annunciato da Luigi Sbarra e proseguito da Daniela Fumarola ha contenuti fortemente discutibili rispetto a quanto ha rivendicato per anni la base degli iscritti dove prevaleva una maggioranza orientata al centro-sinistra, molti iscritti militavano nelle correnti pro-labor della Democrazia Cristiana e avevano uno sguardo aperto verso la sinistra, inoltre molti iscritti erano protagonisti nelle associazioni cattoliche, in particolare nelle ACLI. Oggi, però, la Cisl si trova a fare i conti con il cambiamento di orientamento di una parte della sua base e a dover fare i conti con il nuovo contesto sociopolitico italiano, con il consenso conseguito da Giorgia Meloni e dal suo governo, e con una certa indifferenza da parte delle forze di centro-sinistra sui temi tradizionali della CISL. Queste condizioni nuove potrebbero influenzare il rapporto con la realtà politica e mutare le priorità del sindacalismo cislino
Come lo spostamento dei ceti popolari influisce sulla CISL 1. Adattamento alle nuove dinamiche politicheLa CISL, sembra dare l’impressione di interpretare lo storico concetto dell’ autonomia riducendolo a una semplice neutralità apolitica, spogliata di ogni connotazione di soggettività politica specifica e propria di ogni corpo intermedio. Questo modo d’essere la spinge verso un costante dialogo con il governo Meloni, e con i sindacati autonomi e di destra. Ciò accade per due motivi principali A) La Cisl non vuole alienarsi un rapporto con quella parte significativa dei lavoratori spostatasi a destra a causa delle paure indotte dall’immigrazione irregolare, dalla violenza urbana nelle grandi città, dal costante indebolimento del sistema di welfare e dal regresso culturale indotto dalle guerre. La CISL vuole rappresentare anche le istanze di questi lavoratori, con una visione culturale e sociale più conservatrice. B) Il pragmatismo sindacale. La CISL è sempre stata connotata da un forte pragmatismo che la porta a perseguire obiettivi realistici e pratici nel breve tempo. Con la destra al governo, c’è la convinzione che dialogare (negoziare ci sembra alquanto difficile!) con l’esecutivo possa portare a concessioni utili per i lavoratori, su temi come la detassazione dei salari e l’ erogazione del welfare aziendale, i ristori alle imprese, la collaborazione nelle aziende, che contengono tracce di corporativismo
2. Maggiore attenzione a temi economici e sociali più vicini alla destraLa neutralità politica, come precedentemente sintetizzata, accentua il contrasto con la CGIL, rende la CISL disponibile a dialogare con il governo Meloni su temi come: A) Riforma fiscale: limitando gli interventi legislativi a quelli che riducono il carico fiscale sulle imprese, con l’intento di incentivare l’occupazione, senza nel contempo rimettere in causa quella pace con il fisco, made in Salvini, che consente una catena infinita di condoni mascherati e di una tassazione iniqua tra lavoro dipendente e lavoro autonomo. B) Partecipazione dei lavoratori alla gestione aziendale: Sebbene questa questione sia storicamente più legata alla cultura della CISL, il tema ha trovato terreno fertile anche nelle politiche di destra, fermandosi però – come specifica la legge approvata – alla funzione di “collaborare a…”, senza mai, neppure per l’organizzazione del lavoro e la sicurezza, prevedere modalità di “co-decisione”. C) Politiche sul lavoro. In un contesto in cui il governo promuove una maggiore flessibilità nel mercato del lavoro, la CISL sceglie di negoziare piuttosto che mantenere una posizione di conflitto.
3. Indebolimento della tradizionale divisione tra sindacati di sinistra e destraStoricamente, la CISL ha rappresentato un modello sindacale diverso rispetto alla CGIL mentre la UIL si è collocata più vicino al socialismo democratico. Lo spostamento dei ceti popolari verso destra indebolisce le storiche polarizzazioni sindacali e lascia aperti spazi inediti di cui può approfittare la destra.
4. Influenza della base popolareCon il mutare delle preferenze politiche della base, la CISL potrebbe trovarsi in una posizione più ambigua. La pressione proveniente dai lavoratori che si avvicinano a partiti come Fratelli d’Italia e Lega potrebbe spingere il sindacato a allinearsi, pur mantenendo una certa distanza da un allineamento totale.
L’evoluzione della CISL e le sfide Autonomia e compromessoL’autonomia sindacale è sempre stata un valore fondante per la CISL. Tuttavia, se il concetto di autonomia si trasforma in una sorta di neutralità apolitica, ciò potrebbe spingere la CISL verso forme di dialogo più che di negoziazione con il governo Meloni, senza cedere completamente alla destra. Il rischio, però, è che questa strategia, senza una chiara unità d’azione tra i sindacati confederali, potrebbe portare a un avvicinamento eccessivo al governo, alienando una parte della sua base. Non tutti gli iscritti alla CISL potrebbero accettare senza riserve un avvicinamento al governo Meloni, soprattutto coloro che sono più legati a una visione tradizionalmente di centro-sinistra. Ciò potrebbe portare a frizioni interne e a possibili conflitti all’interno.
Dialogo con il governo MeloniIl governo Meloni potrebbe considerare la CISL un interlocutore privilegiato per mediare su temi economici. Tuttavia, ciò non implica che la CISL diventi un “sindacato di destra”, ma piuttosto che si trovi a dover adattarsi alle nuove realtà politiche e sociali.
ConclusioniLo spostamento a destra dei ceti popolari non solo influenza l’orientamento politico di una parte della base della CISL, ma anche le dinamiche di rappresentanza e negoziazione del sindacato. Ciò che stiamo osservando oggi, sebbene più evidente durante la segreteria di Luigi Sbarra, è un adattamento dell’attuale gruppo dirigente a questa nuova realtà sociopolitica e una spinta verso un avvicinamento al governo Meloni, cercando di svolgere un ruolo di mediazione tra le esigenze dei lavoratori e le politiche governative. Tuttavia, questo scenario genera una forte ambiguità che compromette le buone intenzioni e l’efficacia dell’azione della CISL, soprattutto perché le sue radici storiche e sociali restano ancora fortemente ancorate a una visione progressista che storicamente è stata collegata agli obiettivi del welfare pubblico (salute-sanità-assistenza e scuola) finanziati con la progressività delle tasse su TUTTI i redditi, i patrimoni e le rendite finanziarie.
La Cisl, e le confederazioni tutte, debbono operare per andare oltre il loro essere “sindacati di sindacalisti ”per tornare ad essere sindacati di lavoratori, con assemblee e ruolo attivo delle Rsu, per svolgere anche una funzione pedagogica. E’ ben singolare che, oggi, si ripetano commenti che etichettano la Cisl come sindacato “cattolico e bianco”, essendo statutariamente definita come aconfessionale , quando si registra – come non mai – una distanza tra la Cisl e le maggiori associazioni cattoliche, dalle Acli agli scout, all’Azione Cattolica, sui temi della pace e del riarmo europeo. Oggi le Confederazioni devono avere il coraggio di una unità d’azione per affrontare con più efficacia la questione del potere d’acquisto, ovvero rinegoziare quelle norme (come ad esempio l’indice Ipca che non tiene conto dell’inflazione importata) che impediscono ai rinnovi contrattuali di salvaguardare “il carrello della spesa”, e forse anche a ridefinire una piattaforma per il rilancio del Servizio Sanitario Nazionale con l’assunzione dei medici inquadrati come dipendenti del servizio pubblico e non collaboratori con partita Iva.
Il concetto di un “Patto di Responsabilità” proposto dalla Fumarola (nuova segretaria della Cisl ) ”da fare con chi ci sta” semplifica e non risolve l’ambiguità verso il governo Meloni che non può certo essere considerato “pro-labor”. Inoltre credo che la definizione e l’attuazione di un simile patto richiederebbe una forte unità di azione tra i sindacati confederali e un coinvolgimento attivo delle forze imprenditoriali, in primis la Confindustria. Al momento, però, tale scenario è tutto da costruire, ma lo si può proporre.
l'Unità