Il sipario è calato, quel Vincenzo De Luca tutto d’un pezzo non c’è più

Uno dei tanti fortunati film di Bud Spencer e Terence Hill si intitolava “Anche gli angeli mangiano fagioli”. In quel caso si cercava di sottolineare la nobiltà d’animo che può albergare anche in persone ruvide e grossolane. Ma potrebbe valere il contrario, quando si scopre che dietro la paludata ostentazione di un leader della politica, un presunto insostituibile, si nasconde una banale disposizione alla “realpolitik”. Anche i “vicerè” accettano gli accordicchi, pur di restare a galla. E pure si smentiscono a strettissimo giro. Alla stregua di un guitto.
La parabola di Vincenzo De Luca – che prima sponsorizza con convinzione Roberto Fico come prossimo Governatore della Campania, poi ci ripensa e si rimangia l’accordo - dimostra che tutti sono uguali a tutti. Verrebbe da dire che “uno vale uno”, parafrasando il verbo del M5S, che tanto fece smorfiare il “vicerè” campano, quando, cinque anni fa, alla conferma del suo ruolo di presidente, irrise al contributo offerto dai “grillini” (allora li si poteva ancora chiamare così): a Napoli "è stata scelta la linea della Regione, cioè partire da quella che era la coalizione regionale, aggiungendo i 5 Stelle, che non sono determinanti né qui, né meno che mai in Italia".
E aggiungeva, tronfio per il suo successo di allora: “Qualcuno mi ha sfottuto per una fotografia che mi vedeva insieme a tanti esponenti dei Cinque Stelle, dicono 'siete cambiati'. Sì, sono cambiati loro, io sto sempre là. Sono cambiati quelli che hanno coltivato per un decennio la stupidità politica, quelli che hanno scelto la linea dell'uno vale uno, quelli che hanno confuso il concetto di casta con il concetto di élite. La casta è un grumo di forze, dirigenti o meno, che si autoriproduce senza collegamenti con la società, ma un grande Paese senza élite e senza le competenze non viene governato. È importante che siano cambiati e che siano impegnati in un percorso di evoluzione".
Beh, sono talmente evoluti, che oggi anche il “vicerè” li considera maturi per prendere il suo posto. Anzi, no. Non più. Riemerge il “vecchio” De Luca, anti-M5S, peccato che l’ultima capriola gli ha cambiato l’immagine e la figura. La politica è fatta di “sangue e merda” come rammentava Rino Formica, e anche di tante incoerenze, certo. E’ che non ti aspetti che chi si è costruito un personaggio come De Luca – una maschera forte, che potrebbe aggiungersi tra Totò e Pulcinella, nel repertorio della napoletanità (anche se salernitana di origine) con l’impagabile aiuto offerto da Maurizio Crozza – possa poi rivelarsi poco più di un Azzeccagarbugli, cui bastano tre capponi per cambiare parere. E una nottata di ripensamenti, per tornare ancora sui suoi passi.
A gennaio, quando ancora De Luca puntava al terzo mandato, sbeffeggiava la dirigenza del suo partito, da Elly Schlein in giù, lamentandosi che “la legge è uguale per tutti tranne che per me”, inserendo il Presidente della Repubblica tra coloro che hanno potuto scegliere gli incarichi senza fine, oppure maramaldeggiando sul suo compagno di partito, Andrea Orlando, candidato alla presidenza della Liguria: “Si tratta di un esponente politico che ha 5 mandati parlamentari e che per tre volte è stato ministro: che ipocrisia”.
Ora che il braccio di ferro con il Pd sembra perso – e deve anche garantire la militanza nel partito del figlio Piero (e si sa quanto siano importanti i figli per il cuore dei napoletani e dei campani in genere) – ecco che il “capo popolo” si accontenta di essere un “capo bastone”. E pur di restare tra coloro che comandano ancora un po’, prima accetta di farsi più in là, lasciando la candidatura al grillino della prima ora, Roberto Fico, poi rialza la voce, ma il tono è quello di chi ha perso la sicurezza di un tempo.
L’uomo che prese l’autobus per andare a Montecitorio – ricordiamo Roberto Fico più per quella foto, che per la sua attività politica, pur potendo contare due sbiaditi mandati esplorativi in altrettante crisi di governo – sembrava riuscito a cancellare tutte le diffidenze di De Luca verso il M5S: “Qualche fenomeno un po' simpatico di folklore", ma addirittura “un pericolo per la democrazia in Campania”. Ora non più. Fino al prossimo balletto: il voto di novembre è ancora lontano.
Quando quattro anni fa il M5S festeggiò la vittoria di Gaetano Manfredi come sindaco di Napoli, De Luca commentò così l'arrivo di Giuseppe Conte a Napoli: "L'ho visto come una conferma dell'attrattività turistica che ha la Campania. Quando commentavamo i risultati sono arrivati in massa gli esponenti dei 5 Stelle, a Napoli avevamo più dirigenti dei 5 stelle che voti dei 5 stelle".
Quel De Luca tutto d’un pezzo non c’è più. Crozza dovrà modificare i tratti del suo personaggio, destinato a essere più marionetta che maschera, più comparsa che protagonista. Ce ne dispiace. Avevamo creduto alla rappresentazione. Ma il sipario è calato. Tutto torna normale, anche tra Napoli e Salerno. E forse stavolta Roberto Fico potremmo vederlo in metropolitana.
Affari Italiani