Fine vita, l’ombra dell’incostituzionalità sul testo della maggioranza

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Fine vita, l’ombra dell’incostituzionalità sul testo della maggioranza

Fine vita, l’ombra dell’incostituzionalità sul testo della maggioranza

L'8 si esprimerà la Consulta

Sulla scia di quanto previsto dalle sentenze della Consulta, viene introdotta un’eccezione alla punibilità prevista per chi aiuta una persona a morire, ma solo a certe condizioni.

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse
Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

Mesi e mesi di dibattito. Il lungo confronto del comitato ristretto delle Commissioni Giustizia e Sanità del Senato per trovare la quadra. Poi, il 2 luglio, l’ok al testo base del disegno di legge sostenuto dalla maggioranza sulla “morte medicalmente assistita”. Ora il centrodestra vuole portarlo in Aula tra il 15 e il 17 luglio per poi trasmetterlo alla Camera. Eventuali emendamenti, invece, dovranno essere presentati entro l’8. Una data segnata in rosso anche per un altro motivo: quel giorno la Consulta si esprimerà per la prima volta sull’eutanasia.

Il testo della maggioranza rappresenta un punto di partenza, certo, ma già fa discutere. L’Associazione Luca Coscioni, che da anni si occupa del tema, ha tenuto ieri una conferenza stampa per denunciare le gravi conseguenze che un testo del genere, in caso di approvazione, potrebbe avere. E nel frattempo continua a raccogliere firme per una proposta di legge di iniziativa popolare per legalizzare l’eutanasia. Tornando al testo del centrodestra, è la segretaria nazionale dell’associazione Filomena Gallo a denunciare “evidenti profili di incostituzionalità già nel suo impianto iniziale perché mira a cancellare diritti riconosciuti dall’ordinamento e ribaditi dalla Corte Costituzionale”. Entrando nel merito, gli articoli del testo base sono quattro. Il primo sembra quasi una dichiarazione di intenti e si auto-esplica attraverso il titolo: “Inviolabilità e indisponibilità del diritto alla vita”. Un punto, dice Gallo, “in contrasto con la sentenza 242/2019 e con gli articoli 2 e 32 della Costituzione” perché “la vita è un bene fondamentale, ma non un dovere incondizionato”. L’articolo 2 stabilisce invece una modifica del Codice penale, nello specifico dell’articolo 580, quello che punisce il reato di “istigazione o aiuto al suicidio”.

Sulla scia di quanto previsto dalle sentenze della Consulta, viene introdotta infatti un’eccezione alla punibilità prevista per chi aiuta una persona a morire, ma solo a certe condizioni. La persona che vuole morire deve essere maggiorenne, capace di intendere e di volere, il suo desiderio di morire deve essersi formato in modo “libero, autonomo e consapevole” e deve essere tenuta in vita da trattamenti che sostituiscono le funzioni vitali, mentre prima la dicitura era “trattamenti di sostegno vitale”, dunque più ampia. In questo modo, sottolinea Marco Cappato, il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, si restringe l’accesso “solo alle persone collegate a macchinari”. Non solo: il testo stabilisce che la persona deve essere affetta da una patologia irreversibile con sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili, nonostante sia inserita in un percorso (obbligatorio) di cure palliative. Un punto, quest’ultimo, assente nei pronunciamenti della Corte Costituzionale. Ed è proprio sulle cure palliative il focus dell’articolo 3, che le potenzia e che prevede il commissariamento delle Regioni inadempienti su questo punto.

A monitorare i piani regionali sarà l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), organismo che supporta il Ministero della Salute. Infine l’articolo 4, il più centralizzante: è quello che introduce il “Comitato nazionale di valutazione” (non più “Comitato etico” come si proponeva all’inizio tra le polemiche dell’opposizione), un organismo composto da 7 persone – nominate con decreto del Presidente del Consiglio – che avrà il compito di verificare le condizioni di chi richiede di accedere alla morte medicalmente assistita. “Essendo di nomina governativa, la destra lo riempirà di persone contrarie e ostili al diritto alla libertà di scelta”, aveva detto Cappato su queste pagine sottolineando come in questo modo si puntasse in realtà a “fare fuori il servizio sanitario nazionale” (oggi sono infatti le Asl, su indicazione della Consulta, a decidere sui singoli casi). Ma la privatizzazione non è il cruccio principale perché, spiega Cappato, “questa legge non apre davvero a un sistema privato: impedisce direttamente l’accesso al diritto, cambiando i parametri stabiliti dalla Corte costituzionale”. E conclude: “Il testo non mira a privatizzare l’aiuto alla morte volontaria, ma a vietarlo, come dimostra il plauso ricevuto dal Vaticano”.

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