Cpr illegali, è iniziata la liberazione degli ostaggi

Dopo la sentenza della Consulta
Dopo la sentenza della Consulta di venerdì, parte la raffica dei ricorsi. La Corte d’appello di Cagliari ha scarcerato trentenne albanese

Senza una legge che disciplini i modi della detenzione amministrativa, “non può che riespandersi il diritto alla libertà personale”, ha scritto la Corte d’appello di Cagliari accogliendo la richiesta di liberazione immediata di un trentenne albanese. I migranti rinchiusi nei Centri per il rimpatrio – le gabbie illegali ma non clandestine italiane – vanno liberati subito perché la loro detenzione è illegale. Non può un provvedimento amministrativo tenere in galera delle persone, quindi rinchiudere qualcuno nei Cpr è un sopruso. L’apertura di quella cella è stato il primo concreto effetto della sentenza di venerdì (la numero 96) della Corte costituzionale sui Cpr, sentenza innescata dalla richiesta alla Consulta avanzata da un giudice di pace.
Dice esplicitamente la Corte d’appello di Cagliari che sulla incostituzionalità della reclusione di esseri umani nei Centri per il rimpatrio la Consulta ha fatto “considerazioni che non possono essere eluse dal giudice chiamato a decidere sulle convalide del trattenimento e sulle relative proroghe”. Le considerazioni della Corte d’appello di Cagliari non riguardano soltanto il caso specifico dell’albanese liberato. Lui stava rinchiuso da marzo nel Cpr di Macomer, quello in cui le forze dell’ordine sono entrate la settimana scorsa picchiando i migranti che protestavano perché chiedevano invano, da giorni, assistenza medica. Quello in cui un ragazzo, Hassan, con la gamba ingessata, ha dovuto ingoiare le pile e una lametta per essere portato in ospedale (ne abbiamo scritto il 2 luglio sull’Unità). Quello in cui – come in tutti i Cpr italiani (e nelle galere normali non va molto meglio) – avvengono sistematicamente sedazioni pesantissime e clamorosamente illegali con psicofarmaci potenti. Dosi massicce di Rivotril, di solito.
La rete di attivisti Mai più lager, no ai Cpr denuncia per l’ennesima volta “l’assenza di controllo da parte della società civile, alla quale è sistematicamente impedito di accedere, nonostante le documentate condizioni di trattenimento che raccontano di degrado, alienazione, abbandono e sedazione diffusa, alternate alla violenza dei pestaggi e dei trasferimenti punitivi, come metodo di gestione dell’ordine interno contro chi rivendica diritti”. Ricorda che “i centri fanno capo alle prefetture”, le incredibili scelte nelle individuazioni dei gestori privati effettuate con l’unico criterio della convenienza e spesso in presenza di documentazione evidentemente artefatta. Dice Teresa Florio, una degli attivisti in difesa delle persone rinchiuse nei Cpr: “Basta guardare il processo di Milano per capire cosa accade, processo nato dai nostri report e video di due anni fa nel quale si è finito per parlare solo della regolarità della selezione del gestore”. Raccomanda la rete Mai più lager: “Nell’attesa che il governo confezioni l’ennesimo decreto legge sul quale porre la fiducia per cercare di mettere una pezza a questa macroscopica falla, i legali dei detenuti dopo la pronuncia della Consulta stanno promuovendo ricorsi d’urgenza per la liberazione immediata dei loro assistiti. Sui nostri social abbiamo condiviso il format dello Studio LCS di Milano, già adottato da vari legali”.
Gli attivisti segnalano però un grosso rischio: “Purtroppo avremmo auspicato una decisione più radicale che conducesse più decisamente all’abolizione dei Cpr. Invece la normazione raccomandata al ‘legislatore’ (questo legislatore…) non lascia presagire nulla di buono, anzi prospetta l’avvento di un pericoloso paravento formale, simulacro di legalità, per rendere ancora più opaco ed avallare quello che non potrà che restare, nei fatti, un istituto deputato alla tortura istituzionale delle persone migranti. Qualcosa però sta cambiando, seppure, ipocritamente, a seguito della questione Cpr in Albania, che ha avuto l’unico pregio di poter richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sul fatto che la detenzione amministrativa è attuata anche nel nostro paese, da svariati decenni e quindi non certo dal governo Meloni-Piantedosi: la consapevolezza si sta diffondendo”.
l'Unità