Così la ong Mediterranea sfida giudici e giornali di destra

Il rinvio a giudizio di Casarini
Dopo il rinvio a giudizio di sette esponenti di “Mediterranea” accusati di favoreggiamento per avere messo in salvo 27 naufraghi, la Ong vara una seconda nave di soccorso e Casarini querela un quotidiano

La destra esulta per il rinvio a giudizio di Luca Casarini e di altri militanti della Ong Mediterranea, deciso l’altra sera da una giudice di Siracusa, nonostante la Procura avesse chiesto il rinvio. Ci sarebbe da chiedersi perché avesse chiesto il rinvio. Ma la risposta è evidente: i Pm si erano accorti, alla fine delle indagini preliminari, che non c’era ombra di reato e perciò hanno proposto di aspettare il pronunciamento della Corte europea che sta per emettere sentenza su un caso analogo.
Un grande giornale del Nord ha addirittura titolato in prima pagina, in testata, usando caratteri giganti: ”Casarini ha lucrato sui clandestini”. Naturalmente non è vero. Non solo non è vero che Luca abbia lucrato (questo lo capisce chiunque, anche quelli in malafede) ma non è vero che è è stato rinviato a giudizio con questa accusa infamante. Casarini ha annunciato querela. Sarà difficile, ma molto difficile trovare un magistrato che non gli dia ragione. Luca ha chiesto come risarcimento una cifra precisa: un milione. È la quantità di denaro necessaria per comprare una nuova nave che dia più forza alla pattuglia dei soccorsi in mare decimata dai vari decreti varati prima del centrosinistra e poi incattiviti, con spirito sadico ed efficiente, dalle leggi del centrodestra.
Se i giudici accetteranno la richiesta di Casarini, la Mediterranea Saving Humans avrà tre navi. La vecchia Mare Jonio, e cioè la nave “rinviata a giudizio” con l’accusa di aver salvato 27 naufraghi, più una nuova nave che è stata varata proprio ieri, ed è stata la migliore risposta alla decisione della giudice di Ragusa, e infine questa nuova imbarcazione per la quale andrà trovato un nome che renda onore agli involontari finanziatori… Al di là dei ricercatori di propaganda pro Piantedosi – o pro Salvini, o Meloni, non saprei – la vicenda del rinvio a giudizio è molto grave, perché la magistrata che ha deciso per avviare il processo ha affermato un principio terribile. Quello secondo il quale salvare i naufraghi è, o comunque può essere un reato. E non è invece un reato affogare i naufraghi, o comunque abbandonarli alla deriva senza soccorsi.
Lasciamo per un momento da parte il ragionamento generale. Soffermiamoci solo sul singolo caso del quale stiamo parlando. Le cose sono andate così. Un mercantile danese, gigantesco, ha trovato in mezzo al mare una barchetta di profughi che stava affondando. Ha tirato a bordo 27 persone, salvandole da morte certa. Scriviamole due volte queste parole, così non le scordiamo: MORTE CERTA. Dovuta alla scarsità di soccorsi nel Mediterraneo, voluta e perseguita con testardaggine da diversi governi italiani e europei. Il mercantile danese che si chiama Maersk Etienne, ha sùbito lanciato l’allarme e chiesto che le autorità provvedessero a muovere qualche motovedetta per riportare a terra i naufraghi. Le autorità italiane se ne sono fregate. Hanno abbandonato al loro destino per 38 giorni i naufraghi, gente che era sfuggita ai torturatori libici. E ormai era stremata: fisicamente e nella psiche. Una donna a bordo era riuscita a scappare dopo essere stata violentata dalle guardie di Tripoli.
Dopo 38 giorni la Mar Jonio ha accostato il mercantile, ha caricato i naufraghi e li ha portati in Sicilia dove sono sbarcati sani e salvi. Qualche mese dopo la società che gestisce il mercantile, come fa tutti gli anni, ha scelto l’equipaggio europeo da premiare per la sua condotta in mare. E, forse per ragioni oggettive, forse per segnalare il problema, ha scelto Ocean Viking. Per segnalare quale problema? L’assenza di una adeguata rete di soccorsi nel Mediterraneo dove ogni anno muoiono non centinaia ma diverse migliaia di persone. Da qui è partita l’azione giudiziaria. Il Pm che ha indagato si è convinto (in un primo momento) che quel premio in denaro concesso dall’azienda danese fosse una tangente. Naturalmente nessuno mai ha neppure immaginato che fosse una tangente per Casarini. Il premio, come moltissime altre donazioni volontarie, fa parte dei finanziamenti volontari alle Ong. È cioè il frutto di una coscienza di settori seppur esigui di imprenditoria europea che, in assenza dell’azione degli Stati, provvedono (insieme ad altre organizzazione umanitarie e religiose, compreso il Vaticano) a finanziare una piccola flotta di volontari che a loro volta mettono a disposizione il proprio tempo e la propria fatica per supplire alle carenze dello Stato. E talvolta rischiano la vita.
Ora quello che stupisce non è solo il rinvio a giudizio di Casarini e di altre sette persone della Ong Mediterranea. È anche la mancata azione giudiziaria contro le autorità che avevano deciso di abbandonare in mare per 38 giorni (e chissà quanti altri sarebbero stati se non fosse intervenuta la Mar Jonio) per ragioni, mi sembra abbastanza chiaro, di propaganda politica. I 27 naufraghi, stremati, non erano stati fermati in porto, ma abbandonati in alto mare. Difficile non vedere almeno l’ipotesi di omissione di soccorso. In questa vicenda ci sono in modo assai chiaro dei colpevoli e degli innocenti. I colpevoli sono le autorità dello Stato, governo compreso. Gli innocenti sono i soccorritori.
Del resto sapete benissimo che la magistratura, accusata dall’attuale governo di essere faziosamente dalla parte dei migranti e contro lo Stato italiano, in realtà quasi mai ha indagato per le migliaia di omicidi avvenuti in mare a causa del mancato intervento di soccorso. O addirittura per colpa di azioni di disturbo dei soccorsi. Come ad esempio quelle realizzate attraverso i provvedimenti di dirottamento delle navi delle Ong. Che sono continue e sistematiche. Ogni volta che una nave delle Ong salva delle persone è poi costretta a navigare per giorni e giorni per raggiungere i porti del Nord Italia, invece di sbarcare i profughi in Sicilia o in Calabria. Qual è la ragione di queste disposizioni delle autorità italiane? Una sola: mettere fuori gioco per più tempo possibile le navi di soccorso, in modo da impedire che possano realizzare nuovi salvataggi. Questa è la politica dei cosiddetti respingimenti. Salvini la definisce “difesa dei confini”, assediati da migliaia di bambini di due o tre anni coi loro genitori. Il ragionamento è esplicito e dichiarato: se molti affogano molti avranno paura di partire.
Laura Marmorale, giovane presidente di Mediterranea Saving Humans, ieri ha riassunto la situazione giudiziaria delle Ong: solo nel 2024 ci sono stati 142 indagati e di questi 88 sono esponenti delle navi di soccorso. Bisogna capire il valore di questi numeri: non siamo di fronte a una singola e isolata azione giudiziaria-simbolo contro Luca Casarini, che da tempo è preso a bersaglio dalla stampa e dai servizi segreti, talvolta con azioni separate talvolta con azioni congiunte, ma siamo di fronte a una iniziativa ben organizzata che è condotta anche da un pezzo non piccolo della magistratura. Ieri Laura Marmorale ha concluso la sua dichiarazione con sei parole ragionevoli: “Prima si salva poi si discute” Già. Invece la linea del governo e di alcuni magistrati è diversa: “Prima si affoga e poi si processa chi prova a salvare”. Il sonno della ragione produce mostri. E talvolta succede anche il contrario: che i mostri spingano la ragione al sonno.
l'Unità