Vertice in Alaska: sorrisi tra leader, isterie a Bruxelles

Il 15 agosto 2025 ad Anchorage, Alaska, Trump e Putin si sono finalmente incontrati faccia a faccia. Un evento che, in un mondo normale, verrebbe salutato come un passo verso la pace. Ma viviamo in Europa, e qui il “mondo normale” non esiste più: a Bruxelles l’idea che Mosca non venga trattata come un paria è considerata un reato di lesa maestà.
Così, mentre i due leader si stringevano la mano e sorridevano, nei palazzi dell’UE è scoppiata l’isteria collettiva. Riunioni d’emergenza, dichiarazioni indignate, editoriali al veleno: sembrava quasi che a minacciare l’Europa non fossero i missili, ma i sorrisi. Perché se Trump e Putin ridono insieme, allora tutto il castello di carte costruito in tre anni di propaganda rischia di crollare
La realtà che Bruxelles non vuole vedereTre anni di guerra, centinaia di migliaia di morti, un’Europa stremata sul piano energetico e industriale: ma guai a suggerire che forse sarebbe il momento di negoziare. A Bruxelles la linea resta scolpita nella pietra: ripetere pappagallescamente che la Russia è l’aggressore “senza motivo”, che deve ritirarsi, pagare i danni e, per buona misura, consegnare Putin all’Aia in manette. Una favola per adulti, utile a nascondere la verità: l’UE si è ridotta a colonia geopolitica a stelle e strisce e ora fatica a liberarsi da un copione che recita a memoria, anche quando il suo stesso padrone comincia a parlare un linguaggio più realistico.
Il fuoco di fila preventivoTrump lo sa bene. Sa che appena rientrato dall’Alaska dovrà affrontare non solo i neocon di casa sua, ma anche l’intero circo mediatico europeo, pronto a sparare a zero pur di sminuire qualsiasi risultato. Non importa se il vertice ha aperto spiragli concreti o se ha raffreddato le tensioni: l’unico obiettivo è impedire che passi l’idea che la pace non sia una bestemmia.
Perciò, mentre Trump e Putin parlavano di sicurezza e cooperazione, i giornalisti occidentali già scrivevano il copione: “Putin ha imposto i suoi tempi, Trump è apparso debole”. Un refrain ormai logoro, che serve solo a rassicurare Bruxelles: il mostro multipolare è ancora lontano, l’incubo della realtà è rimandato di un altro giorno.
La lettura dei mediaInfatti, la stampa occidentale non ha tardato a proporre la propria versione dell’incontro. Fox News ha parlato di un clima “teso” all’interno della sala, con la percezione che Putin avesse imposto i suoi tempi e i suoi argomenti. In realtà, questo leitmotiv è servito soprattutto a sminuire un vertice che rappresenta un successo evidente nella direzione di un mondo multipolare — uno scenario che le élite occidentali vivono come il diavolo con l’acqua santa. Da qui il consueto fuoco di fila mediatico: una narrativa costruita per alimentare l’ansia che Trump possa concedere troppo a Mosca e mettere in crisi il fragile equilibrio con gli alleati europei. Equilibrio che, in realtà, si regge ormai su un evidente doppio gioco: fingere di assecondare Trump, pur mantenendolo sotto condizionamento politico e diplomatico da parte di Bruxelles.
In realtà, se si osservano i resoconti provenienti da Bruxelles, Londra e Kiev, ciò che l’UE e Zelensky sarebbero disposti a “concedere” alla Russia è pari a zero. Al contrario, viene ribadita la solita linea: Mosca avrebbe agito come aggressore privo di motivazioni e, per questo, non solo dovrebbe ritirarsi ai confini precedenti la guerra – a costo di milioni di vittime – ma anche risarcire i danni e subire una punizione esemplare, fino alla richiesta di arrestare Putin.
Con questa impostazione assolutistica, è inevitabile che i media statunitensi di orientamento neocon, in sintonia con Bruxelles, dipingano Trump come indebolito di fronte al leader russo. Un copione che si ripete puntualmente, alimentando sospetti e polemiche più politiche che diplomatiche (The Grayzone).
Le dichiarazioni ufficialiAl termine dell’incontro, Putin ha definito i colloqui “approfonditi e utili”, sottolineando l’importanza delle relazioni bilaterali e richiamando l’Alaska come luogo simbolico di cooperazione fuori dal perimetro europeo (TASS). Ha posto l’accento sulla necessità di riconoscere le cause profonde della guerra in Ucraina, indicando che senza tale consapevolezza non sarà possibile raggiungere una soluzione.
Trump, dal canto suo, ha parlato di “progressi significativi” e di accordi raggiunti “su molti punti”, pur ammettendo che il nodo principale – il cessate il fuoco – resta ancora irrisolto (RT).
Europa sullo sfondoUna delle questioni più delicate riguarda proprio l’Europa. Trump sembra disposto a negoziare direttamente con Mosca. Questa dinamica lascia intravedere una possibile marginalizzazione del Vecchio Continente, ridotto a spettatore più che a protagonista del processo di pace (Telegram Military Summary).
Intelligence e propagandaUn nodo centrale resta quello dell’intelligence. È stato ricordato che i dossier riservati consegnati ai presidenti differiscono radicalmente dalla narrativa pubblica: più dettagliati, sì, ma anche più manipolabili. Non sempre infatti l’intelligence risponde al presidente: lo si è visto col “Russiagate”, costruito a tavolino contro Trump.
Il rischio è lo stesso di sempre: ai leader non arriva mai un quadro completo, ma una versione “filtrata” utile a orientare certe scelte politiche. Un meccanismo che richiama i precedenti storici — dalle omissioni dell’NKVD staliniano alle distorsioni della CIA in piena Guerra Fredda (The Grayzone).
Ed è proprio questo a rendere il faccia a faccia tra Trump e Putin ancora più significativo: un contatto diretto, senza il filtro di burocrati, apparati e media, che riduce lo spazio alle manipolazioni e obbliga a misurarsi con la realtà.
Il fronte ucraino: una guerra di logoramentoParallelamente al vertice, il campo di battaglia resta incerto. I rapporti indicano movimenti significativi nel settore di Kharkiv, dove le linee russe stanno avanzando lungo gli assi Pavlovsk e Lenivtsi. Le forze ucraine, in difficoltà, si stanno ritirando verso ovest, abbandonando posizioni chiave come Iskra e Alexandrohad (Rybar Telegram).
La situazione viene descritta dagli analisti come fluida: arretramenti che appaiono talvolta più strategici che frutto di sconfitte dirette, ma che nel complesso riflettono la crescente fragilità di Kiev.
La guerra dei droni e la dimensione navaleUn altro elemento che pesa sul conflitto è la nuova ondata di attacchi con droni. Le intelligence parlano di un accumulo massiccio di unità pronte a essere impiegate, comprese versioni più pesanti adatte al supporto diretto delle truppe di terra. Questo annuncia una possibile escalation, con effetti imprevedibili sulla stabilità delle linee (Telegram Intel Slava Z).
Anche il fronte marittimo è in fermento: il recente affondamento della nave Port Olia, colpita nell’area di Ascatron mentre trasportava presunti componenti iraniani per UAV, mostra quanto i rifornimenti siano ormai un bersaglio strategico. Un conflitto che non si gioca solo a terra, ma anche sulle rotte navali e logistiche (RT).
Oltre la guerra: le cicatrici futureInfine, il vertice ha fatto emergere una riflessione più ampia: anche se il cessate il fuoco fosse raggiunto, la guerra lascerà dietro di sé conseguenze devastanti. Le esperienze storiche mostrano come le vittime “post-belliche” – per traumi psicologici, crisi economiche e collasso sociale – spesso superino quelle dei campi di battaglia.
Per questo, la vera sfida non sarà solo fermare i cannoni, ma garantire una ricostruzione che non trasformi l’Ucraina (e l’Europa) in un continente segnato dall’instabilità e dall’emorragia demografica.
ConclusioneIl vertice di Anchorage non ha portato svolte decisive, ma ha segnato un passaggio simbolico: Trump e Putin si sono stretti la mano e hanno parlato. Dietro quelle immagini restano però tutte le incognite di una guerra che continua, di un’Europa rifugiata nelle sue favole consolatorie e di un’informazione piegata a propaganda e interessi.
La verità è che la pace non arriverà finché l’Occidente preferirà alimentare illusioni ideologiche piuttosto che guardare in faccia la realtà: il campo di battaglia smentisce ogni giorno la loro diplomazia di cartapesta.
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