Una petizione per liberare subito Maryam Moghadam e Behtash Sanaeeha
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Cinema Accusati dal regime di Tehran di «oscenità», i registi di «Il mio giardino persiano» saranno processati il primo marzo
Lo scorso anno alla Berlinale dove Il mio giardino persiano (titolo internazionale: My Favourite Cake) era in concorso gli autori non avevano potuto accompagnarlo. Il regime di Tehran aveva confiscato i loro passaporti impedendo loro di partire. Il film è uscito in sala da qualche settimana, ma ancora una volta Maryam Moghadam e Behtash Sanaeeha sono rimasti bloccati in Iran in attesa del loro processo la cui data è stata ora fissata per il prossimo 1 marzo. Le autorità iraniane accusano i due registi di avere realizzato un film «osceno», «offensivo per la morale pubblica», «propagandistico nei confronti del regime» «illegalmente proiettato senza il permesso governativo per la distribuzione»; imputazioni molto gravi che potrebbero avere pene pesantissime. Contro questo ennesimo atto di censura e di violenza nei confronti della libertà artistica è stata lanciata una petizione che chiede alle autorità della Repubblica islamica di «cancellare immediatamente e incondizionatamente tutte le accuse mosse a Maryam Moghadam e Behtash Sanaeeha». Nel testo che è stato firmato da artiste, artisti, rappresentanti di istituzioni culturali di tutto il mondo – fra cui Alberto Barbera, direttore della Mostra del cinema di Venezia; Vanja Kalujercic, direttrice del Festival di Rotterdam; Celine Sciamma, i Dardenne, Pedro Almodovar, Jafar Panahi, Mohammad Rasoulof, Laura Poitras – si legge: «Siamo al fianco di Maryam e Behtash e della loro libertà e del loro diritto di creare e di esprimersi, come ogni regista e artista dovrebbe poter fare».
Il mio giardino persiano racconta l’Iran del presente attraverso l’esperienza di una meravigliosa figura femminile, interpretata dalla magnifica Lili Farhadpour di circa settant’anni, vedova che non si è mai risposata, che si sveglia a mezzogiorno, ascolta musica, balla da sola, coltiva con amore il suo giardino, e con le amiche a pranzo chiacchiera di relazioni d’amore affermando una indipendenza «scandalosa».
Un giorno incontra un uomo della sua età, e nella lunga notte che passano insieme a casa di lei danzando, bevendo, le cose proibite per le donne nei film iraniani – così come mostrarle in casa senza velo – i due vivono i diversi passaggi di una relazione quasi che il tempo della vita fosse tutto in quella manciata di ore, in una forma grana cinematografica delicata e insieme indocile alle convenzioni che cattura emozioni umane universali e illumina la realtà iraniana.
«SE SI VUOLE che qualcosa cambi, bisogna lottare. Se scappiamo tutti non vinceremo mai. Dobbiamo riprenderci quello che ci appartiene» hanno detto su queste pagine. Noi siamo con loro. Per firmare: www.change.org/p/iran-clear-maryam-behtash-of-all-charges-now
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