Nel mondo, una donna viene uccisa ogni 10 minuti. C’è una crisi d’identità maschile dietro ai femminicidi giovanili?

Una donna uccisa ogni dieci minuti, oltre 50 mila ogni anno: è la fotografia di una strage silenziosa e globale. Secondo UN Women, almeno 736 milioni di donne nel mondo (una su tre) hanno subito violenza fisica o sessuale, in 9 casi su 10 da un partner. Anche l’Italia non è un’eccezione, come mostrano i recenti casi di femminicidio che colpiscono per la giovane età delle vittime e dei presunti autori. Per reagire a questa emergenza, UN Women Italy ha lanciato la campagna “In tutte le lingue del mondo”, iniziativa di sensibilizzazione e raccolta fondi che invita a dire basta alla violenza di genere, promuovendo prevenzione ed educazione.
United Nations Women è l'agenzia delle Nazioni Unite che da 15 anni si occupa dei diritti delle donne in tutto il mondo. “Come primo comitato italiano esistiamo da ottobre del 2024 e siamo composti da donne e uomini che vengono da varie esperienze professionali. Il nostro programma sulla parità di genere in particolare affronta il tema della violenza, intesa in maniera estesa” spiega Loredana Grimaldi, vice presidente del United Nation Women. Il lavoro si concentra sulla partecipazione delle donne alla leadership economica e politica, sull'inclusione degli uomini con il programma He For She, con l'individuazione di advocate tra cui Gino Cecchettin, Alessandro Rosina, Alessio Boni. Nel periodo autunnale ci sarà un un evento che coinvolgerà i giovani e a fine anno, dal 25 novembre ai primi di dicembre, la grande campagna internazionale Orange the World.
Che tipo di sensibilità riscontra su questi temi?
“Sicuramente c’è partecipazione a molti livelli, l'attenzione è un po' altalenante e non c'è sempre un approccio strategico al tema. La nostra ottica è quella di cercare di portare avanti nel contesto del primo mondo le istanze dei programmi storici che riguardano la parità di genere, dall'agenda di Pechino all'Agenda 2030”.
La campagna “In tutte le lingue del mondo” a chi si rivolge?
“Parla alle persone. È una campagna di sensibilizzazione e di raccolta fondi, ci rivolgiamo a tutte le donne e le ragazze del mondo, perché non c'è nessun Paese esente da casi di violenza sulle donne”.
La violenza è universale ma ha sfaccettature diverse in base al contesto?
“Non in tutto il mondo ha la stessa struttura: la campagna vuole mettere in evidenza il tema della violenza sulle donne nelle aree di guerra e di crisi. Dove si fa uso dello stupro come arma, della violenza sistematica, c'è difficoltà ad offrire alle donne protezione, rifugio, anche per quanto riguarda gli aspetti più specifici della riproduzione, quindi gravidanze a rischio, parti in condizioni di sofferenza del feto. Ulteriori aggravi di violenza che non sono molto spesso messi a fuoco e su questi ne abbiamo voluto sollevare l'attenzione”.
In Afghanistan non c’è una guerra, ma…?
“Sono rimaste le macerie. La situazione è intollerabile, non c’è un conflitto armato ma una guerra strisciante alle donne in quanto donne, impedendo loro di svolgere qualsiasi attività nel mondo pubblico, dalla scuola al lavoro alla vita sociale. Sono recluse. Lì operiamo con le nostre organizzazioni locali, che offrono assistenza e sostegno economico, all’istruzione e al lavoro alle ong in loco”.
Ci si dimentica della violenza di genere dove non si combatte?
“Purtroppo si. Prendiamo il Sudan, dove non c’è una guerra di vetrina ma dove c’è stato un incremento della violenza del 300% negli ultimi due anni. Ci sono 6 milioni di donne sfollate in questi centri di raccolta in cui si svolge qualsiasi tipo di sopruso. Lì lo stupro è sistematico ed è guidato da elementi etnici”.
In Ucraina e Medio Oriente il conflitto è attivo: come si sostengono qui le donne?
“A Gaza, da quanto sappiamo, sono morte 28mila donne dal 2023, due ogni ora. È drammatica anche la condizione delle donne incinte, circa 55mila, mentre i neonati prematuri e sottopeso sono almeno uno su cinque. In Ucraina sono 342 i casi documentati di violenza, di cui 104 ai danni di donne e ragazze. Sosteniamo, con raccolte fondi tematiche, i progetti locali per fornire beni essenziali come assorbenti o prodotti per l’igiene intima”.
Come si può contribuire?
“Diventando parte attiva e sostenendo chi sostiene le donne. I fondi raccolti vengono destinati a progetti in aree di crisi. Ma servono anche testimonianza e sensibilizzazione, per non lasciare sole queste donne”.
Anche in Italia la violenza di genere è un problema sistemico?
“Sì. Nel 2024 il Ministero dell'Interno ha contato 96 donne uccise, di cui 69 peraltro per mano di un partner o di un ex partner. Di femminicidio si parla di più, ci sono stati alcuni casi che hanno sconvolto l'opinione pubblica: Gino Cecchettin è uno di quei riferimenti che ha saputo trasformare un dolore straziante in un progetto di cambiamento, però spesso il dibattito si ferma alla cronaca, è difficile parlare poi delle cause e delle conseguenze. Bisogna lavorare molto in termini di formazione e prevenzione, è fondamentale il coinvolgimento dei giovani”.
Come si spiega i femminicidi tra giovanissimi?
“È un sintomo, secondo me, di un disagio esistenziale e identitario profondo del genere maschile. Le vecchie certezze patriarcali sono state messe in discussione dagli sviluppi dell’autonomia e della libertà rivendicata dalle donne, ma non si è ancora formata una nuova identità maschile. Vogliamo coinvolgere sempre di più gli uomini nel costruire un equilibrio più sano tra i generi”.
Luce