Il veganesimo non è solo una dieta: il pensiero antispecista e il grosso tema dell'impatto ambientale

Il 1° novembre si celebra la Giornata Mondiale Vegana, un momento dedicato a riflettere sullo stile di vita vegano, sull’alimentazione, sull’impatto ambientale e sui diritti animali. Istituita nel 1994 dalla The Vegan Society del Regno Unito, nasce per celebrare il 50° anniversario della fondazione della stessa associazione e l’introduzione del termine “vegano”. Oggi la Giornata punta a stimolare consapevolezza sulle implicazioni etiche, ambientali e sociali dietro la scelta vegana.
Storia del veganesimoIl termine “vegano” fu coniato nel novembre del 1944 da Donald Watson e altri membri della Vegan Society, per distinguere tra vegetarianesimo, ovvero l’esclusione della carne dalla propria dieta, e una scelta alimentare che esclude tutti i derivati animali. Negli anni successivi il movimento vegano si è evoluto da un ambito relativamente marginale (legato a diritti animali/filosofia) a tema di dibattito pubblico, consumi alimentari, ambiente e stile di vita.

Secondo le ultime stime, circa l’1% della popolazione mondiale è oggi vegana. Un dato che in Europa cresce: secondo The Vegan Society, nel nostro continente si contano circa 2.6 milioni di persone vegane, ovvero circa il 3,2% della popolazione europea. In Italia, invece, secondo uno studio di Veganok, il 9,5% della popolazione dichiara di essere vegetariana o vegana (di cui 7,2% vegetariani, 2,3% vegani). Ed è importante notare che si tratta di percentuali in aumento: tra il 2014 e il 2024 il numero di persone che seguono una dieta vegana è quadruplicato.
Essere vegani conta davvero?Una delle dimensioni più citate della scelta vegana riguarda l’impatto ambientale: ma in che misura un’alimentazione vegana può contribuire a ridurre emissioni, uso del suolo, acqua, perdita di biodiversità? Secondo uno studio del 2023 della Oxford University, le persone che seguono una dieta vegana hanno un impatto ambientale (considerando gas serra, acqua, consumo di suolo e perdita di biodiversità) che corrisponde solo al 30% di quello di chi segue una dieta ad alto consumo di carne. Inoltre, un passaggio su larga scala verso fonti proteiche vegetali potrebbe liberare vaste aree di suolo, ridurre la deforestazione, e salvaguardare la biodiversità, come riporta The Good Food Institute. Un rapporto di Our World in Data afferma che “se il mondo adottasse una dieta completamente a base vegetale, l’uso agricolo del suolo globale potrebbe ridursi fino al 75%”.
sono numeri che mostrano come le scelte individuali possano avere un impatto sistemico - ma è importante ricordare che il contesto conta: il tipo di agricoltura, la provenienza degli alimenti, i trasporti e le filiere incidono fortemente sul risultato finale. Non esiste una soluzione perfetta né universale, ma l’evidenza scientifica indica che ridurre il consumo di prodotti animali è uno dei passi più efficaci per diminuire l’impatto ambientale complessivo del sistema alimentare.
Il veganesimo come movimento politico: non solo dieta o scelta alimentareNegli ultimi anni il veganesimo non è più considerato soltanto una dieta o una scelta individuale di stile di vita, ma un vero e proprio movimento sociale e politico. Alla base non c’è solo l’interesse per la salute o per l’ambiente, ma una riflessione più ampia che coinvolge diritti degli animali, giustizia ambientale, produzione alimentare, consumismo e sostenibilità delle filiere. Il fenomeno vegano è diventato sempre di più forma di partecipazione collettiva e di critica al sistema dominante. Dietro alla portata politica del movimento c'è il pensiero antispecista - "ossia l’idea è che l’uomo non sia affatto al centro del mondo bensì un animale (con caratteristiche altamente peculiari) in mezzo ad altri animali (con caratteristiche altrettanto peculiari)", come spiega Federica Giordani nell'articolo 'No, il veganesimo non è una dieta'.
Sul piano politico, alcuni esempi concreti emergono già in Europa. In Finlandia, l’Animal Justice Party of Finland (EOP) include esplicitamente il veganismo nel proprio programma come parte della transizione ecologica e del superamento della cosiddetta “norma carne”. Si tratta di una visione che estende il discorso etico e ambientale al livello delle politiche pubbliche, chiedendo un cambiamento strutturale nel modo in cui produciamo e consumiamo cibo.
Questa evoluzione del pensiero vegano sposta dunque l’attenzione dall’individuo al sistema: non più solo “io scelgo vegano per me stesso”, ma “io sostengo un cambiamento collettivo del sistema alimentare, sociale e politico”. In questo senso, il veganesimo assume una dimensione culturale e trasformativa, che mette in discussione la centralità dell’uomo e propone un nuovo equilibrio tra esseri viventi, economia e ambiente.
Luce






