Flotilla, il delirio di Meloni (nervosa e furiosa…) nel giorno delle risoluzioni su Gaza

La Flotilla verso Gaza
Nervosa e furiosa, la premier teme ricadute sul governo di un attacco israeliano alla missione. Oggi Tajani in aula e il voto sulle risoluzioni su Gaza

Una Giorgia Meloni così tirata e nervosa non la si era mai vista da quando è presidente del Consiglio. La Flotilla è a un centinaio di miglia da Gaza, il rischio che qualcosa vada storto alto, le ricadute sul governo sarebbero livello frana. Il governo è in contatto con Israele, qualche garanzia sull’uso di una mano leggera la ha ottenuta ma l’ambasciata israeliana in Italia scrive su X che “purtroppo alcuni partecipanti sembrano intenzionati a provocare; speriamo che tali azioni non portino a incidenti”. Forse è vero e forse no ma in entrambi i casi il messaggio non è certo rassicurante. La nave della marina militare “Alpino”, che scortava le navi degli attivisti si è fermata a 150 miglia dalla costa di Gaza, rispettando al centimetro il blocco israeliano. Altrettanto hanno fatto le navi spagnole e turche che accompagnavano la flotilla, gli altri Paesi con loro cittadini a bordo neppure hanno inviato le loro navi. Ma ugualmente la responsabilità di un incidente grave verrebbe addossata al governo e la premier ne è pienamente consapevole.
A Copenaghen, dove si svolge un Consiglio europeo informale che ha scelto di non trattare affatto il capitolo Gaza, Giorgia, con la faccia di chi non dorme da tre giorni, incontra al volo i giornalisti e si scaglia contro la Flotilla: “In questa fase, di fronte a una possibilità che sarebbe storica, insistere in una iniziativa che ha margini di pericolosità e irresponsabilità, continuo a non capirlo. Se fosse una questione umanitaria si sarebbero accolte le proposte per consegnare gli aiuti in sicurezza. Mi pare che il tema sia tutt’altro, che assume dei contorni incredibili nella fase in cui tutti quanti dovrebbero capire che esercitare la responsabilità è la cosa più utile per alleviare le sofferenze del popolo palestinese. Ma forse le sofferenze del popolo palestinese non erano la priorità”. Mettere all’indice la flottiglia senza una parola sul blocco israeliano, addossare addirittura agli attivisti la responsabilità di far fallire il processo di pace è tanto sopra le righe da rivelare in pieno la preoccupazione e l’ira di Giorgia.
Salvini non è da meno: “Speriamo che quelli in barca a vela da settimane non mettano a rischio la pace per una battaglia politica sulla pelle dei bambini di Gaza. Ma a molti dei bambini non importa niente. Vogliono solo creare scontro”. La reazione del Global Sudum Forum, dei sindacati e dell’opposizione è comprensibilmente sdegnata. Conte guida il contrattacco dei 5S: “Meloni si ricordi di essere presidente di tutti e non la leader di Colle Oppio. Continua a insultare la Flotilla invece di difenderla ma a sabotare la pace è chi ha finto di non vedere il genocidio in corso”. La reazione del Pd invece è sommessa, segno chiaro di un difficoltà seria.
Oggi alla Camera, dopo le comunicazioni di Tajani su Gaza, si voteranno le risoluzioni su Gaza. La premier ha proposto un voto unitario dell’intero Parlamento a favore del piano di pace di Trump. Per Conte e Fratoianni smarcarsi è facile: “Non ci sono i presupposti”, taglia corto il leader dei 5S. Elly sarebbe d’accordo con il negare ogni possibilità di voto comune senza un riconoscimento “senza condizioni” dello Stato palestinese ma deve fare i conti con quella metà del suo partito, la minoranza, che vuole votare a favore. La proposta della premier è una trappola dalla quale non è facile tirarsi fuori, non con l’Europa, il Vaticano e i Paesi arabi che applaudono i 20 punti dell’americano. Schlein teme una plateale spaccatura in aula e in ogni caso, anche se riuscirà a evitare la divisione, rischia di fare la figura della descamisada estremista e la cosa non le fa alcun piacere. Ma se l’attacco israeliano alla Flotilla finirà male del sottile gioco sulle risoluzioni non resterà niente e sulla graticola ci sarà solo Giorgia. Non sono questi gli unici motivi di preoccupazione per il governo. Già ieri ci sono state ovunque manifestazioni di solidarietà con la Flotilla, sit-in, assemblee, scuole e facoltà occupate. Mobilitazione senza vere tensioni però, perché tutto è sospeso in attesa dell’epilogo in mare, di fronte a Gaza. Ma oggi, se come pare certo Israele avrà bloccato le navi e arrestato gli equipaggi, e molto peggio se l’azione non sarà stata del tutto indolore, le manifestazioni diventeranno ben più agguerrite e di qui alla grande manifestazione a Roma i sabato il Viminale è in stato di allarme rosso.
Infine c’è lo sciopero generale. Ieri Landini per la Cgil, Lutrario per Usb e Miliucci per i Cobas, insomma il sindacato ufficiale e i suoi nemici giurati, hanno incontrato insieme i giornalisti e già l’improbabile terzetto, dice molto sulla situazione. Il segretario della Cgil ha risposto a muso duro alla premier: “Grave atto di irresponsabilità”. Poi ha confermato di essere pronto, con le altre due organizzazioni alla “proclamazione tempestiva dello sciopero generale”. Sulla data Landini non si espone: “Decideremo alla luce di quel che avviene alla Flotilla”. Ma la parola “tempestività” evoca per forza tempi brevi e del resto Ubs aveva già annunciato lo sciopero “senza preavviso”. Ma di fronte a uno sciopero generale non annunciato con l’anticipo fissato dalla legge, una decina di giorni, Salvini promette di reagire con il pugno duro: “Non permetteremo che Cgil ed estremisti di sinistra portino il caos. Non tollereremo alcun sciopero generale improvviso”. Il nervosismo di Giorgia Meloni è giustificato: nel mare di fronte a Gaza lo scontro è a un passo. In Italia pure.
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