<p>Thuram: “Vincere a tutti i costi, così ha detto Comolli. Kolo Muani? Chiunque vorrebbe la Juve”</p>

Il centrocampista francese direttamente dal Mondiale per Club: “Con mio fratello Marcus non parlo di calcio, al massimo di NBA. LeBron il mio idolo”
INVIATO A PHILADELPHIA - Un sorriso spontaneo e genuino, da cui traspare l’entusiasmo per una competizione in cui gli sono bastati appena 45 minuti per imprimere il suo nome nel tabellino del match con due assist decisivi, utili ad archiviare la pratica Al Ain ben prima dell’intervallo. Khéphren Thuram non cerca i riflettori, ma li sa gestire benissimo, senza nascondersi dietro dichiarazioni codificate. Alla Juve è arrivato in silenzio con quella stimmate da “figlio d’arte” che troppo spesso ha finito per limitare diversi campioni in rampa di lancio, schiacciati dal peso di un passato che non erano in grado di emulare. Lui però sta diventando artista per conto suo, con naturalezza e umiltà. Conscio di essersi già ritagliato uno spazio speciale nei cuori dei tifosi bianconeri: «Penso di essermi adattato bene al calcio italiano - racconta Thuram - e il merito è anche dei miei compagni, che mi hanno aiutato tantissimo. Sono felice di questa prima stagione alla Juventus: tra gli obiettivi avevamo la qualificazione alla prossima Champions League e ci siamo riusciti... Ma non è finita: c’è ancora da giocare questo Mondiale per Club. Poi ci sarà tempo per i bilanci».
Il torneo dei bianconeri è iniziato nel miglior modo possibile, con un 5-0 netto, severo, a certificare una condizione atletica frizzante di tutto il gruppo squadra di Tudor. Dettaglio tutt’altro che scontato, specie se si considerano le prime gare americane delle altre big d’Europa, nel pieno di un appannamento tecnico che pone le sue radici nei sempre più fitti calendari stagionali. «Sono contento di poter giocare questa competizione - continua Thuram -. Farlo poi per un club importante come la Juventus è ancora più emozionante. Qui si respira un’atmosfera diversa rispetto a quella della Champions, perché si tratta di un torneo molto più veloce: sfidi le squadre solo una volta, e in un attimo puoi ritrovarti in finale e chissà, magari vincere. Con la Francia non ho ancora avuto modo di disputare una coppa del mondo, quindi per il momento il primo torneo che mi viene in mente - se devo fare un paragone - è l’Europeo Under 21. Diciamo che assomiglia di più a quella competizione, ecco... Se crediamo nella finale? Assolutamente si, ma ora bisogna pensare partita per partita».
Il fratello Marcus oggi pomeriggio sarà impegnato dalla costa opposta, a Seattle, per la seconda sfida del girone dell’Inter contro gli Urawa Reds. Eppure, Khéphren, dice di non essersi confrontato con lui sulla percezione dei giocatori di questo inedito Mondiale: «Non parliamo troppo di calcio. I nostri discorsi spaziano dalla vita alla nostra grande passione in comune: la Nba. Il basket mi piace tanto, quand’ero bambino giocavo nella squadra della mia scuola. Oggi sono tifosissimo dei Lakers, ma solo perché ci gioca LeBron James, il mio idolo. Se dovesse cambiare squadra, lo farò anch’io (ride, ndr). Poi amo il golf, pur non essendo un fenomeno. Al Greenbrier è pieno di campi, ma io penso solo ad allenarmi e a riposare». E a chi gli domanda se papà Lilian - che, come Damien Comolli, ha sempre avuto un rapporto speciale con Arsene Wenger - gli abbia dato qualche consiglio sul come porsi di fronte al nuovo direttore generale della Juventus, Thuram risponde così: «Mio padre non mi ha detto nulla di particolare. Con Comolli ci ho parlato direttamente io quando l’ho incontrato alla Continassa. Ci ha detto che quest’anno dobbiamo tornare a vincere a tutti i costi, ed è normale che sia così: quando arrivi alla Juventus sai che dovrai lavorare ogni giorno per vincere tutto».
INVIATO A PHILADELPHIA - Un sorriso spontaneo e genuino, da cui traspare l’entusiasmo per una competizione in cui gli sono bastati appena 45 minuti per imprimere il suo nome nel tabellino del match con due assist decisivi, utili ad archiviare la pratica Al Ain ben prima dell’intervallo. Khéphren Thuram non cerca i riflettori, ma li sa gestire benissimo, senza nascondersi dietro dichiarazioni codificate. Alla Juve è arrivato in silenzio con quella stimmate da “figlio d’arte” che troppo spesso ha finito per limitare diversi campioni in rampa di lancio, schiacciati dal peso di un passato che non erano in grado di emulare. Lui però sta diventando artista per conto suo, con naturalezza e umiltà. Conscio di essersi già ritagliato uno spazio speciale nei cuori dei tifosi bianconeri: «Penso di essermi adattato bene al calcio italiano - racconta Thuram - e il merito è anche dei miei compagni, che mi hanno aiutato tantissimo. Sono felice di questa prima stagione alla Juventus: tra gli obiettivi avevamo la qualificazione alla prossima Champions League e ci siamo riusciti... Ma non è finita: c’è ancora da giocare questo Mondiale per Club. Poi ci sarà tempo per i bilanci».
Il torneo dei bianconeri è iniziato nel miglior modo possibile, con un 5-0 netto, severo, a certificare una condizione atletica frizzante di tutto il gruppo squadra di Tudor. Dettaglio tutt’altro che scontato, specie se si considerano le prime gare americane delle altre big d’Europa, nel pieno di un appannamento tecnico che pone le sue radici nei sempre più fitti calendari stagionali. «Sono contento di poter giocare questa competizione - continua Thuram -. Farlo poi per un club importante come la Juventus è ancora più emozionante. Qui si respira un’atmosfera diversa rispetto a quella della Champions, perché si tratta di un torneo molto più veloce: sfidi le squadre solo una volta, e in un attimo puoi ritrovarti in finale e chissà, magari vincere. Con la Francia non ho ancora avuto modo di disputare una coppa del mondo, quindi per il momento il primo torneo che mi viene in mente - se devo fare un paragone - è l’Europeo Under 21. Diciamo che assomiglia di più a quella competizione, ecco... Se crediamo nella finale? Assolutamente si, ma ora bisogna pensare partita per partita».
Tuttosport