L’atletica aspetta lo sprint di Gout Gout


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Il Foglio sportivo
Il giovane australiano pronto a stupire tutti ai Mondiali di Tokyo: “È un piano del Signore”
Ci sarà quella preghiera che recita prima di entrare in pista: “Quello che capita, capita. Che sia fatta la tua volontà”. Seguita da un respiro profondo. E altre sei parole a sé stesso: “Profilo basso, dai tutto, stai sereno”. Poi, i due baci mentre si sistema ai blocchi di partenza. Uno alla pista stessa e uno al crocifisso dorato che pende dal collo. Un rituale nato sul campo della Grammar School di Ipswich, piccola cittadina a nord dell’Australia. E che Gout Gout, a soli diciassette anni, porterà fino allo stadio olimpico di Tokyo, dove si svolgeranno i Mondiali di atletica. “Sembra me da giovane”, aveva commentato Usain Bolt dopo che l’allora sedicenne, con 20.04 nei 200m piani, scesi già a 20.02, aveva battuto il record stabilito dal giamaicano quando aveva la sua età. Tempo che lo porterà in Giappone e con il quale polverizzò il record australiano di 20.06 firmato da Peter Norman nel 1968, diventando il più veloce di sempre del continente: “Mi è stato dato questo dono, quello di correre. Con il duro lavoro e l’allenamento lo porterò al livello più alto”. E il livello più alto, come si legge sullo sfondo del suo telefono, si traduce in una frase: You’re going to be an Olympic champion. Sarai un campione olimpico.
Terzo di sette, Gout è nato a Ipswich, 40km da Brisbane, capitale dello stato australiano del Queensland, nel 2007. È lì che mamma Monica e papà Bona si erano stabiliti due anni prima, dopo essere fuggiti dal Sud Sudan. La sua prima passione fu il calcio: “Sono cresciuto con l’idolo Messi. Tutto quello che fa è fuori dal mondo”. Poi però, l’evento che segnerà il punto di svolta, e che come spesso accade nella vita delle persone non è rappresentato da una giornata particolarmente speciale: “Era un tipico carnevale scolastico. Avevo dodici anni e mi iscrissi alla gara di atletica per divertirmi con i miei amici, ma non avevo fatto neanche un allenamento”. Vinse contro il più forte della scuola, nonché il terzo ragazzino più veloce d’Australia under 13. La coach della Ipswich Grammar School, Diane Sheppard lo notò subito: “Si avvicinò e mi disse: ‘Young man, potresti essere tu quello giusto. Quello che ci porta alle Olimpiadi”. Dopo qualche giorno entrò a far parte del team di atletica e a ottobre del 2020, con solo pochi mesi di allenamento e il primo paio di scarpe chiodate, partecipò ai campionati scolastici di tutto il Queensland dove arrivò primo nei 100m e 200m e terzo nei 400m. “Era diverso dagli altri. Era una gioia vederlo correre. Qualcosa di speciale”, ha raccontato l’allenatrice.
E speciale fu il 7 dicembre 2024, quando quel “fuori da questo mondo”, out of this world, che Gout utilizza sempre per descrivere il suo idolo Messi, risuonò in tutto il campo di atletica di Brisbane, questa volta associato al suo nome. “He’s G(out) of this world” urlò lo speaker degli Australian All Schools Athletics Championship, i campionati liceali australiani, giocando con il suo nome. Perché quello che fece quel bollente sabato d’estate fu veramente straordinario: “E pensare che non volevo neanche gareggiare quel giorno... è veramente tutto un piano del Signore”. Partì, quasi sincronicamente al colpo di pistola dato dallo starter. Lui che solitamente prende velocità negli ultimi 80 metri di gara, soprattutto in curva, il suo momento preferito: “Amo la sensazione di velocità massima in uscita dalla curva, sembra di volare”. E quel giorno Gout volò. Il cronometro fermo a 20.04. Quello che viene superato non è un semplice record scolastico. È quello del velocista australiano più famoso di tutti i tempi, Peter Norman, medaglia d’argento all’Olimpiade di Città del Messico del 1968 tra Tommie Smith e John Carlos: “Pazzesco. Uno dei documentari che stavamo studiando per inglese era proprio su Norman. Avevo detto a coach Di ‘lo voglio battere’. Ma non pensavo fossi già così veloce. Non pensavo che un ragazzino come me potesse correre quei tempi”.
Tokyo sarà il suo vero debutto sul palco internazionale. Ci arriverà un po’ da rookie dal punto di vista della quantità di gare a cui ha partecipato finora, anche a causa dell’impegno scolastico, che non ha mai sottovalutato. La mentalità però è già quella dei “grandi”. Di chi alla domanda sui Mondiali proprio dell’olimpionico americano Noah Lyles nel suo podcast risponde: “Voglio mostrarti di cosa sono capace. Sto arrivando per il tuo posto”. Aspettative, personali e non, che svaniscono in pista. Lì, i pensieri del diciassettenne diventano una sorta di preghiera, verso la corsa e verso la fede: “Per quel sentirmi così veloce. Essere una cosa sola con l’aria e con me stesso. Istanti perfetti in cui sono davvero Gout”. In cui trova la pace: “Come un oceano che scorre, a volte si infrange ed è rumoroso, ma rimane calmo”. Sarà l’atletica a essere travolta dalle sue onde.
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