Perché la morte di Pasolini è ancora un mistero

Nella notte tra l’1 e il 2 novembre 1975, cinquant’anni fa Pier Paolo Pasolini venne ucciso brutalmente all’Idroscalo di Ostia: è passato mezzo secolo eppure il tragico omicidio dello scrittore, uno degli intellettuali più controversi del nostro Novecento, resta un mistero che continua a interrogare la coscienza del Paese. Chi ha ucciso Pasolini?
La verità giudiziaria rimane ferma all’appello e alla sentenza del 4 dicembre 1976, che indicava un unico colpevole: il diciassettenne Pino Pelosi, soprannominato “La Rana”, che aveva trascorso con lo scrittore le ore precedenti al del delitto e che dopo l’omicidio fu fermato sul lungomare di Ostia da una pattuglia dei carabinieri, mentre era al volante dell’Alfa 2000 GT di Pasolini.
La rapida conclusione della vicenda processuale non placò gli animi e la tesi dell’assassino solitario con il tempo ha perso terreno di fronte ai particolari, molto significativi, emersi successivamente: nuovi testimoni che sostennero di aver assistito al massacro; le confessioni di giovani pregiudicati, anche se riferite da terzi; la presenza di diversi profili genetici sullo scenario del crimine e la questione del furto della pellicola di Salò, che Pasolini avrebbe avuto ansia di recuperare. Infine, le plurime versioni dei fatti rese negli anni, prima della morte nel 2017, dallo stesso Pelosi. Tutti elementi che rendono davvero arduo, oggi, credere al delitto di un minorenne solitario.
Neppure sul movente, che resta il punto centrale di questa storia, del resto c’è accordo. Pasolini fu attirato in una trappola perché bisognava dare una lezione a un intellettuale scomodo? La lezione “degenerò” e gli esecutori finirono per ucciderlo? Fu un affare di piccola malavita e delinquenza di strada, o un piano architettato a livelli più alti? Si temeva che Pasolini potesse rivelare aspetti inediti della strategia della tensione, o puntare il dito contro Eugenio Cefis, all’epoca potentissimo presidente della Montedison? Pasolini sapeva di Gladio, di Mattei? Il suo romanzo Petrolio, in avanzata fase di stesura, avrebbe contenuto verità sconvolgenti, tali da far tremare la Prima Repubblica e per questo si decise di eliminarlo?
L’inchiesta è stata riaperta più volte, senza esiti concreti. E alcune piste investigative (come il ruolo della Banda della Magliana) si sono rivelate inconcludenti. Per questo, come ha raccontato in più occasioni lo scrittore Giancarlo De Cataldo, dall’assassinio di Pier Paolo Pasolini sono nate due storie. La prima è quella congelata dagli atti giudiziari: un amore omosessuale finito tragicamente, con unico colpevole: un ragazzo di periferia. La seconda storia, invece allarga lo scenario a moventi che vanno dal tentativo di rapina sfociato in tragedia al complotto politico, passando per l’atto di un gruppo di balordi e l’estorsione degenerata. Due storie, che da subito hanno portato alla formazione di due schieramenti: uno, maggioritario, che riduceva sbrigativamente l’assassinio a quella che all’epoca si definiva «una squallida vicenda di invertiti». E uno, alternativo, che metteva in discussione la responsabilità del solo Pelosi. A 50 anni da quel tragico 2 novembre lo spettro di Pier Paolo Pasolini non ha ancora trovato pace.
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