Pasolini, cinquant’anni senza il suo coraggio. Una mostra lo ricorda


Apre oggi alla Galleria Modernissimo di Bologna tra video e documenti. Una maratona per tutto novembre con film, letture poetiche e installazioni. . .
Non troverete nuove rivelazioni o scoop nella mostra ’Pasolini. Anatomia di un omicidio’ che inaugura oggi a Bologna, alla Galleria Modernissimo, ma troverete tanto materiale, tra articoli, fotografie, appunti, audio e video, per approfondire le ultime settimane di vita che hanno preceduto la morte di una delle figure più rilevanti del Novecento. Pier Paolo Pasolini venne ucciso nella notte tra l’1 e il 2 novembre 1975 all’Idroscalo di Ostia, sono passati quindi 50 anni e per la Cineteca di Bologna, con un grande atto di impegno civile, è l’occasione per aprire l’archivio del Centro Studi Pier Paolo Pasolini qui ospitato da oltre 20 anni e raccontare il poeta la cui memoria non è certo andata perduta: come un Che Guevara, il suo volto, la sua personalità, sono diventati mitici, simbolo di libertà e indipendenza intellettuale, anche se troppo spesso non si è andati oltre il ’logo’, non si è preso il tempo necessario per approfondire.
Davanti a questa mostra, piccola ma densa di contenuti, che si apre in maniera emozionante con un’installazione di Giancarlo Basili del corpo di Pasolini a terra, avvolto in un lenzuolo davanti a una foto all’Idroscalo, si rivivrà tutta la vicenda del delitto, la cui verità, come spiegano i curatori Gian Luca Farinelli, Marco Antonio Bazzocchi e Andrea Speranzoni, ancora non è stata scritta. I notiziari dell’epoca, ricordano i curatori, "sposeranno subito l’inverosimile tesi fornita da Pino Pelosi, legittimando un resoconto che attribuiva allo scrittore la responsabilità morale del proprio omicidio. Si ricorre al titolo del suo romanzo, ’Una vita violenta’, per tentare di seppellire sotto l’infamia la memoria dell’artista che aveva sempre, meglio di ogni altro, analizzato il degrado della società italiana".
C’è molto da leggere e da ascoltare nel percorso della mostra, che non è una passeggiata tra memorabilia leggera. Si vede il servizio fotografico realizzato da Dino Pedriali nell’ottobre del 1965 tra Sabaudia e la Torre di Chia, con gli ultimi ritratti di Pasolini. Ci si trova davanti alla scrivania con la macchina per scrivere dove si legge l’appunto lasciato dal regista il giorno prima di morire, alla segretaria Graziella: il 2 novembre avrebbero telefonato in tanti "a cui ho promesso un appuntamento". Lì accanto un articolo che parla di Man Ray e Warhol: questa è la sala dedicata all’ ’Ultimo giorno’ con anche l’ultima intervista che concesse a Furio Colombo per la Stampa. Il muro dedicato alla ricostruzione è forte, con le foto a colori degli abiti che indossava quella notte e quello che racconta la ’Persecuzione’ è un incipit per immergersi nei documenti relativi al fitto percorso di denunce e processi che Pasolini affrontò in vita.
L’esposizione è corredata anche da video, come la lettura di ’Io so’ fatta da Favino, Mastandrea e Gifuni che dà respiro al suo animo di poeta, nell’ambito di una ‘Maratona Pasolini’ che dal primo novembre e fino al 28, presenta incontri e proiezioni, a cominciare dalla visione di ‘Pasolini, un delitto italiano’ di Marco Tullio Giordana del 1995 (ore 20) . Il regista ieri mattina ha parlato dell’importanza di questa mostra che "è un’occasione straordinaria per vedere, attraverso il mondo di Pasolini, le tappe della sua vita, degli ostacoli e dei successi. Quest’esposizione sottolinea la sua immortalità e l’amore che la gente aveva per lui, evidente nell’immagine dei funerali". E chiude: "È come se avesse reso visibile questo Paese spaccato in due parti che non possono riconciliarsi, anche se oggi pare che l’estrema destra lo veneri. Io lo trovo un bene, bisogna parlare con tutti, come disse Pasolini a Calvino, ’altrimenti come fanno a capire?’".
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