La Romagna in un tatuaggio: "Simbolo di un’arte rivoluzionaria"

Benvenuti in Italia, uno dei paesi con la popolazione più tatuata al mondo, un bel 48%. E buon soggiorno – e tattoo-spotting – in Romagna, terra di Riviera dove il défilé del corpo decorato è tra i più variegati e curiosi. Negli anni Novanta qui era tutto un tribale, non più tanto segno di appartenenza a una ’tribù’ urbana stilistica, come quella rock, punk o hardcore dei decenni precedenti, ma piuttosto marchio fashion, da quando JP Gaultier che le disco romagnole le frequentava aveva lanciato i tatuaggi in passerella. Ma oggi, più di trent’anni dopo, con un picco all’inizio del Duemila, l’era del conformismo, farsi un tattoo è diventato ancora un altro segno dei tempi. C’è una scena molto artistica, di professionisti che prediligono un tratto grafico e che lavorano su misura.
Loreprod, al secolo Lorenzo Anzini, 41 anni, studio a Cattolica, 90% del corpo vestito di segni, è arrivato in questo mondo 15 anni fa proprio con l’idea di fare arte e tatuaggi e il 25 ottobre a Rimini, alla galleria Zamagni si terrà la sua prima personale di pittura. Seguitelo su Instagram, dove ha 38mila followers, e scoprirete anche il suo sense of humor: è diventato famoso tatuando sardoncini.
Loreprod, com’è oggi la scena dei tatuaggi?
"Molto diversa da quella di un tempo. Quando ho iniziato sono stato tra i primi a dialogare in una maniera completamente diversa dal mondo più classico. Spinto anche dal mio maestro, Alex De Pase, ho optato per lo stile più grafico e concettuale. Non entravi più in studio per sfogliare un catalogo scegliendo un tribale, ma venivi qui come andavi da un sarto, per parlare del progetto che poi sviluppavo su misura".
Lei a cosa si ispira?
"Il tatuaggio è l’ennesima scena in cui tutto accade. Ci tengo a dire che non sono snob, se qualcuno mi chiede un tribale o un disegno personale, lo faccio, ho disegnato lo scudetto della squadra indiana che allenava a Marco Materazzi, una testa di Moro a Chiara Maci, ieri mattina ho fatto due cose semplicissime, ma il mio marchio è un altro, tra grafica, arte, tante suggestioni che finiscono nell’inchiostro, l’esoterismo, la Bauhaus, gli anni Cinquanta, il jazz. Il mio è un pubblico di collezionisti, che acquistano un tatuaggio come fosse una tela".
Cosa ne pensa della Romagna come destinazione?
"Credo abbia bisogno di essere rishakerata, è ancora troppo ancorata al mito del ’divertimentificio’. Ho un tatuaggio che si chiama Romagnaland, che è la presa in giro della riviera del divertimento. È diventato un brand, insieme al mio sardoncino che ho tatuato anche a Ballo, ex Lùnapop. Ho fatto un tatuaggio, Saluti dalla Romagna, con una dentiera in un bicchiere a simboleggiare una certa anzianità della nostra terra dal punto di vista dell’ispirazione. Dobbiamo spingere di più sulla cultura! Meno distrazione e più focus, altrimenti non si cresce".
İl Resto Del Carlino