Difenderci dagli oligarchi, nell’èra della rivoluzione tecnologica permanente


Immagine generata con l'AI
il colloquio
Nel suo nuovo pamphlet "Occidente senza pensiero", lo storico Aldo Schiavone invita a riscoprire il pensiero critico come bussola per attraversare l’epoca della rivoluzione tecnologica. La sfida è costruire un mondo globale liberato dal dominio dell’oligarchia tecnocapitalista. Intervista
Aldo Schiavone è uno dei più eminenti storici italiani, i suoi libri sono tradotti in buona parte del mondo e, di recente, ha scritto un pamphlet di grande interesse e vivacità intitolato Occidente senza pensiero (il Mulino). Un testo in cui Schiavone non pontifica come la sua posizione gli permetterebbe di fare, ma in cui si getta nel nuovo che avanza, invitandoci a fare lo stesso con lo slancio che qualsiasi “ricercatore” (indipendentemente dalle posizioni teoriche e politiche) dovrebbe avere.
Nel libro di Schiavone il termine pensiero ha un ruolo centrale. Nel nostro tempo, l’AI si afferma sempre più come parte integrante del nostro operare e anche del nostro pensare. Gli chiediamo quindi di quale tipo di pensiero nota l’assenza e, eventualmente, che differenza c’è (se vi è), tra pensiero e intelligenza. “Quando nel mio libro parlo di pensiero – e della sua assenza – intendo pensiero critico (“critico” nel senso di Kant, prima ancora che di Marx) rivolto al nostro presente. In questo senso, esso ha poco a che vedere con i possibili prodotti dell’AI: almeno per come oggi essi si configurano. Quanto a quest’ultima, la considero una conquista significativa, un passo avanti su una strada ancora tutta da percorrere, e non ne ho alcun timore. La diffidenza verso i supporti tecnici alla potenza della mente umana è un’antica storia, che risale almeno a Platone (lui ce l’aveva con l’invenzione e l’uso della scrittura), e si è sempre rivelata senza fondamento. Il problema è nella utilizzazione di questo nuovo strumento, che deve essere ‘a sostegno di’, e non ‘al posto di’, come talvolta si tende a fare. Quanto poi alla vera domanda che sta al di sotto di questi dubbi, e cioè se riusciremo mai a produrre un’intelligenza non biologica capace di autocoscienza, non ho una risposta: probabilmente sì, anche se la cosa non mi sembra ancora di stretta attualità. Ma allora non avremo creato un’alternativa (demoniaca) all’umano: avremo solo allargato i confini dell’umano oltre le sue basi biologiche. E però, ripeto, non mi sembra un traguardo per ora alla nostra portata”.
Ma da storico, dal libro di Schiavone si coglie l’idea affascinante che fino a ora saremmo vissuti in una “protostoria” mentre adesso abbiamo la possibilità di dare inizio alla storia vera e propria. “Sì, ed è a questo tema che sarà dedicato il mio prossimo libro, a cui sto già lavorando, e che si chiamerà ‘La fine dell’inizio’. Sono convinto che la rivoluzione tecnologica permanente in cui siamo appena entrati ci sta trasportando in un’epoca del tutto nuova della storia dell’umano: un salto lungamente preparato, e che ora finalmente si sta realizzando. La soglia che stiamo varcando è costituita dall’acquisizione di una completa padronanza delle nostre condizioni naturali di esistenza, che smetteranno di essere un presupposto immodificabile della nostra vita, e diventeranno un risultato del tutto controllabile dalle nostre scelte. In altri termini, stiamo prendendo nelle nostre mani il destino biologico della specie. Avremo cioè un umano reso del tutto libero dai vincoli naturali grazie alla potenza raggiunta. Un umano, cioè, che potrà essere per la prima volta autenticamente se stesso. Ed è allora che inizierà davvero la nostra storia. Ma come raggiungeremo tutto questo? Quale sarà la forma sociale ed economica – etica, politica, giuridica – attraverso la quale si consumerà questo passaggio? E chi sarà a guidarlo? Faremmo bene a cominciare già a farci queste domande”.
Resta da capire se sia possibile governare questo salto tecnologico ed “evolutivo” dentro cui siamo ormai situati. E’ possibile governarlo con gli strumenti classici della politica, o non sarebbe forse il caso di pensare che questa epoca “interamente nuova” possa essere dominata/governata unicamente dagli stessi sviluppi della nostra tecnica? “Ritengo che sia possibile governarlo attraverso la democrazia – ci dice Schiavone –, anche se credo che dovremo avere la forza intellettuale e il coraggio politico di ripensarla a fondo. Ma credo insieme che non abbiamo iniziato bene, anche per la mancanza di un pensiero adeguato, non solo a sinistra (dov’è finito il grande pensiero conservatore?). Mentre infatti gli sprovveduti si chiedono se avremo o no un mondo globalizzato, e si perdono dietro l’idea che la globalizzazione sia in crisi, c’è chi lo sta già costruendo, giorno dopo giorno, il mondo globale di domani. Ed è un mondo che non possiamo accettare, in cui la connessione del pianeta e dei suoi destini coincide con la sua privatizzazione, con un’idea proprietaria della vita su di esso – di tutta la vita – ridotta nelle mani di un’oligarchia tecno-capitalistica che pensa alla democrazia (e agli stati) come a qualcosa di vecchio e di inservibile. Questi gruppi tecnocratici stanno cercando in America l’alleanza con le forze populiste, che raccolgono masse frustrate dal modo anomico con cui finora si è costruito il nuovo assetto capitalistico globale. Una combinazione fondata sull’equivoco, ma che può produrre danni incalcolabili. E’ contro questo disegno che si devono alleare – su scala mondiale – le forze che credono che l’aumento di potenza dell’umano debba coincidere con la sua emancipazione, e non con la costruzione di un nuovo, inaudito, potere oligarchico. La posta in gioco è enorme, e stiamo correndo rischi che è difficile sottovalutare”.
In questo discorso sembra che l’individuo, il soggetto personale che ha costituito la pietra angolare dello sviluppo formidabile e senza precedenti dell’occidente che è divenuto globale, sia il grande assente. E’ questo soggetto “capitalista” che ha permesso l’emancipazione cantata dal marxismo. Nelle destre che vengono definite tecno-populiste, oggi, l’individuo con la sua forza, anche egoistica, sembra trovare una casa più adeguata rispetto a una sinistra ridotta a battaglie minoritarie o di retroguardia. I “barbari” tecnologizzati sembrano i depositari del futuro, ossia di una promessa (Marte, chip neuronali, miglioramenti delle prestazioni corporee, etc.). Quale sarebbe, invece, il sol dell’avvenire che ha da contrapporre la parte “progressista”? “E’ una questione cruciale. Provo a risponderle facendo a mia volta alcune domande. Nel mondo che lei evoca, chi controlla politicamente l’intreccio fra crescita tecnologica e sviluppo capitalistico? Qual è, in altri termini, il peso politico degli individui cui lei si riferisce? In altri termini ancora: è solo la logica del capitale – il grande vincitore del Ventesimo secolo – a decidere tutto? O pensiamo che oltre debba comunque sporgere qualcosa, di non riducibile alla privatizzazione del mondo, e che questa sporgenza sia costituita dall’universalità stessa dell’umano – oggi emergente nell’orizzonte della storia grazie alla stessa potenza unificatrice tecnocapitalistica – che chiede una rappresentanza politica in grado di decidere al di là del profitto privato? E’ tutta qui la sfida che ci aspetta. Il resto è solo polvere e confusione”.
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