’Il risveglio’: piccoli scampoli di felicità

È un lungo omaggio a un attore straordinario, a un amico, a un maestro. Bobò, il protagonista sordomuto di tutti gli spettacoli di Pippo Delbono dal ‘97 in poi scomparso ormai sei anni fa all’età di 82 anni, rivive nel nuovo allestimento ’Il risveglio’ in scena da giovedì a domenica all’Arena del Sole di Bologna e in un film a lui dedicato. Pippo lo aveva incontrato nel manicomio di Aversa, dove Vincenzo Cavanacciuolo in arte Bobò era rimasto rinchiuso per 46 anni, ed era riuscito a farlo uscire. Lo aveva ospitato a casa sua, era diventato il perno della sua compagnia.
"Un omino piccolo, sordomuto, analfabeta. Eravamo inseparabili dentro e fuori dal teatro – dice –. Negli ultimi tempi non poteva camminare ma pareva danzasse". Il docufilm di Delbono, una testimonianza esistenziale dolente e intima , si intitola semplicemente ‘Bobò’ e verrà presentato, dopo il passaggio al festival cinematografico di Locarno di questa estate, in anteprima a Bologna il 26 novembre al Modernissimo alle 21,15. L’assenza dell’amico perduto accompagna un po’ tutto spettacolo (prodotto da Ert e già ospitato la scorsa stagione dallo Storchi di Modena) fatto di parole sospese, musiche inattese (Ornella Vanoni) e suoni della memoria. È una sorta di lunga confessione dell’artista in una scena vuota e spoglia che solo alla fine si popola degli attori della sua inconsueta compagnia.
"A Bobò avevo già dedicato uno spettacolo, ‘Gioia’, quando ancora era vivo. Adesso è diverso, ho sofferto molto". Per la prima volta l’artista racconta la perdita attraverso testi scritti soltanto da lui: si potrebbe dire che ‘Il risveglio’ ricomincia dove era finito ‘Amore’, ovvero che è come se quell’uomo allora assopito e coperto di fiori si rialzasse verso la vita.
Come è nato questo allestimento?
"Da un periodo durato sette anni di buio profondo. Ero talmente preso dal mio dolore e della mia guerra interiore che quasi ero diventato apatico verso le guerre vere del mondo. C’era stato il Covid che mi aveva rinchiuso per due anni in una casa di Catania e c’era soprattutto il buio dentro di me. Poi lentamente è cominciata la risalita grazie all’amore, alla vita che ti circonda, a scampoli di felicità. È il racconto di una rinascita costituita da affetti delicati e momenti commoventi".
Professionalmente però non è rimasto inattivo per tutto questo tempo.
"Ho continuato a lavorare e combattere: ho curato un allestimento in Portogallo e ho fatto qualche film, anche se i ritmi del cinema mi annoiano molto. Mi faceva paura essere sordo alle tragedie che mi circondavano come quelle ucraina e palestinese. Quando mi sono risvegliato mi sono reso conto di essere diventato vecchio e che lo erano diventati quelli che mi circondavano. È uscito questo racconto della mia vita, straziante ma anche comico. Vedo arroganza e incertezza attorno a me".
Insieme a Kepler, lei sarà artista di riferimento nei prossimi anni per Ert. Ha già progetti avviati?
"Mi sembra che, con l’ingresso di Natalia Di Iorio e Elena Di Gioia, la situazione sia cambiata. Ho diverse idee tra cui un riallestimento di un vecchio spettacolo del 2002 intitolato ‘Gente di plastica’ sulle musiche di Frank Zappa. Debuttò alle Passioni di Modena. Sto lavorando anche al nuovo spettacolo del ‘26 di cui per ora c’è solo il titolo, ‘Più luce’. Ho scoperto che è stata questa l’ultima frase pronunciata da Goethe prima di morire".
İl Resto Del Carlino




