Pensioni, uscite flessibili a 62 anni per tenere il confronto con l’Ue: l’appello dei sindacati

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Pensioni, uscite flessibili a 62 anni per tenere il confronto con l’Ue: l’appello dei sindacati

Pensioni, uscite flessibili a 62 anni per tenere il confronto con l’Ue: l’appello dei sindacati

Abbassare in modo strutturale l’età di uscita flessibile dal lavoro a 62 anni in Italia, Paese nell’Unione europea con la soglia più alta per accedere alla pensione. È la richiesta al Governo della Uil sulla base del confronto tra il sistema previdenziale degli altri Stati membri con quello nostrano, dove la quota anagrafica di ingresso per ricevere l’assegno è destinata ad aumentare fino a 71 anni entro il 2060.

Una previsione che porta il sindacato guidato da Pierpaolo Bombardieri ad evocare la riapertura del tavolo di confronto con le parti sociali al ministero del Lavoro, per una riforma organica delle pensioni.

Il confronto con i Paesi Ue

Da un’analisi comparata del servizio Stato Sociale, Politiche Economiche e Fiscali, Immigrazione della Uil, dei dati del rapporto Ocse “Pensions at a Glance” 2023 aggiornati al 2025 sulla base delle riforme adottate dai Paesi Ue, l’Italia risulta essere uno dei quattro Stati membri con l’età legale per la pensione più alta: 67 anni.

Un requisito anagrafico che condivide con Grecia, Paesi Bassi e Danimarca, ma che nel nostro Paese, alla luce dell’innalzamento dell’aspettativa di vita a 65 anni da parte dell’Istat, rischia di aumentare di altre tre mesi nel 2027 e di ulteriori due mesi nel 2029.

“Ben diversa, invece, la situazione negli altri Paesi europei” scrivono gli esperti della Uil, sottolineando come in altri sistemi pensionistici europei siano stati apportati interventi diretti ai criteri di “flessibilità, gradualità e differenziazione in base ai lavori svolti”.

Nel rapporto si fa riferimento agli esempi della Francia, dove recentemente l’età di accesso alla pensione è stata portata 64 anni, o a Spagna, Germania, Paesi Bassi e Irlanda, nei quali nonostante gli aumenti progressivi verso la soglia dei 67 anni, si prevedono “tempistiche più dilatate e strumenti di pensionamento anticipato più articolati”.

L’analisi della Uil

L’analisi della Uil evidenzia le difficoltà per i lavoratori italiani ad accedere a una pensione dignitosa, come dimostra il calo del 15,7% registrato dall’Inps nel 2024 sulle richieste di pensioni anticipate rispetto al 2023.

In questo quadro il sindacato denuncia come siano sempre donne e giovani a pagare “il prezzo della precarietà, della disparità salariale o del lavoro di cura”.

Il giro di vite del Governo ai requisiti per l’accesso a Opzione donna, il programma che consente alle lavoratrici di andare in pensione in anticipo con una riduzione dell’importo, ha portato a un crollo del 70,92% delle domande accolte nel 2024, riduzione che si stima possa aumentare nel 2025.

Per questo motivo la sigla, in linea con le richieste anche degli altri due grandi sindacati italiani, Cigl e Cisl, chiede il ritorno ai criteri di accesso a Opzione donna di 58 anni di età e “senza limitazioni discriminanti”, e che le madri lavoratrici possano contare su 12 mesi di anticipo pensionistico per ogni figlio.

Sul solo di queste rivendicazioni, la Uil denuncia anche il peggioramento delle “condizioni dell’Ape sociale, con l’aumento dell’età di accesso da 63 a 63 anni e 5 mesi, e di Quota 103, con il ricalcolo contributivo che riduce significativamente l’importo della pensione”.

Per il sindacato diventa dunque fondamentale un confronto permanente con il Governo per una riforma previdenziale organica, con l’obiettivo di un’uscita da lavoro flessibile a 62 anni, “senza penalizzazioni, con il riconoscimento pieno dei lavori gravosi e usuranti, e la giusta attenzione per le donne e i giovani”.

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