Alimentare, Unione Italiana Food: fatturato cresce a 58 miliardi e l’export segna un +11,4%

Unione Italiana Food ha presentato i risultati del 2024 nel corso della sua assemblea annuale all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Il fatturato totale dell’associazione ha raggiunto i 58 miliardi di euro (+2,6% rispetto all’anno precedente), con l’export che continua a giocare un ruolo importante, assommando al 40% del totale (23 miliardi, in crescita dell’11,4%). L’associazione, che rappresenta 530 aziende e 100mila dipendenti, investe ogni anno 3 miliardi di euro in innovazione e sostenibilità di filiere, processi e prodotti, scelta significativa in un momento storico segnato da instabilità globale e riduzione del potere d’acquisto.
Così ha commentato Paolo Barilla, presidente di Unione Italiana Food: “Viviamo tempi complessi ma non dobbiamo perdere di vista fiducia e visione per il futuro. Negli ultimi tre anni la perdita di potere d’acquisto e la pressione inflattiva hanno colpito anche i consumi alimentari, spingendo il consumatore a scelte di risparmio e riducendo il valore aggiunto. Come industria alimentare, abbiamo un compito che va oltre il produrre cibo: sosteniamo territori e comunità, nutriamo le persone ma anche le loro emozioni e le relazioni che un pasto condiviso accende”.
Il rapporto annuale di Unione Italiana Food racconta lo stato di salute di 24 categorie merceologiche e 900 marchi Made in Italy che costituiscono il paniere dell’associazione. Questo si può dividere in prodotti tradizionali, rappresentanti il 50% del fatturato totale (pasta, lievitati, cioccolato, infusi etc), in prodotti tradizionali “evoluti” (come caffè in cialde, surgelati o sughi pronti) che pesano per il 30% del fatturato, e prodotti “innovativi”, come integratori o alimenti dietetici e pensati per persone affette da intolleranze, che rappresentano il restante 20%.
È sempre la pasta a fare la parte del leone, con 4 milioni di tonnellate prodotte (+5% nei volumi) e una quota export del 58%. Da rimarcare anche il comparto dolciario, che vale 19 miliardi di euro (+2,5% sul 2023) e la cui crescita delle esportazioni riesce a compensare la diminuzione dei consumi interni. Crescono anche surgelati (5,7 miliardi di euro, +1,8%), caffè (4,7 miliardi, +8,5%) e preparazioni alimentari (5,3 miliardi, +5,1%). Stabili i prodotti vegetali, il cui comparto vale 4,8 miliardi di euro, con un picco per la cosiddetta IV gamma, cioè frutta e ortaggi lavati e pronti al consumo, vellutate, minestre e zuppe pronte. Sul fronte innovazione, da rimarcare il settore degli integratori, che vale 4,9 miliardi di euro con una crescita del 5,9% con, in particolare, ottimi risultati per probiotici, sali minerali e integratori per l’insonnia e il benessere mentale.
“La nostra è un’industria che unisce tradizione e innovazione, che ha portato verso il futuro il sapere artigianale italiano e che investe in tecnologia, export, salute e sostenibilità”, ha proseguito Paolo Barilla. “Il nostro domani si gioca sulla capacità di produrre valore per il consumatore italiano e globale, per le imprese e per l’Italia. E questo valore si chiama qualità che il consumatore ci riconosce negli acquisti”.
L’ottimo risultato registrato dall’export è incoraggiante specie se rapportato a uno scenario internazionale sempre più instabile. Nel 2024 l’associazione ha esportato 30 miliardi di piatti di pasta, 56 miliardi di tazzine di caffè, 4 milioni di prodotti a base di cioccolata e quasi un milione di tonnellate di dolci e lievitati. In attesa della prossima politica tariffaria annunciata da Donald Trump, gli Stati Uniti rimangono uno dei mercati di riferimento, insieme a Germania, Francia, Regno Unito, Spagna e Polonia.
“Per il 2025 ci aspettiamo un rimbalzo, ma non torneremo ai valori del 2023, quando la crescita è stata superiore al 6%”, spiega Carmine Garzia, professore di Management e responsabile scientifico dell’Osservatorio Food Industry Monitor dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. “Le prospettive per il 2025 sono positive, ma andranno sicuramente riviste al ribasso in caso di attivazione dei dazi doganali. Quanto sta accadendo deve farci riflettere seriamente sull’opportunità per le imprese italiane del settore food di dare una forte accelerazione alle strategie d’internazionalizzazione, con investimenti diretti esteri che richiedono sia risorse finanziarie sia competenze manageriali”, conclude Garzia.
La Repubblica