“Yokai”, Catherine Deneuve e l’incrocio degli spiriti
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Yokai, il mondo degli spiriti **
di Eric Khoo
Film franco-giapponese, 1 h 43
In Giappone, il termine Yokai viene utilizzato per indicare un fenomeno soprannaturale inspiegabile o, più letteralmente, uno "spettro". Questo è esattamente ciò che Catherine Deneuve incarna in questo splendido film del singaporiano Eric Khoo. Una specie di fantasma perso in un aldilà che non le appartiene da quando il suo personaggio, Claire, una cantante pop di un passato glorioso, ha avuto la cattiva idea di morire all'improvviso dopo un ultimo spettacolo nell'arcipelago dove è adorata. Fortunatamente, troverà una guida nella persona di Yuzo, il suo più grande fan, anche lui morto poco prima di poter assistere al suo concerto. Insieme guideranno i passi di Hayato, figlio di Yuzo, un giovane alla deriva, e lo aiuteranno a ritrovare il gusto della vita riallacciando i fili del suo passato.
Che bella idea questa triade di anime tormentate che si aiutano a vicenda oltre la morte per curare le proprie ferite. Quello di un rapporto padre-figlio fatto di troppe cose non dette o il dramma di una madre che ha perso la figlia troppo presto. Nella tradizione giapponese i morti sono ovunque e si manifestano attraverso segni impercettibili che devono essere decifrati.
Per Yuzo e Claire sarà una melodia che comporranno insieme e che solo Hayato sarà in grado di sentire. Ciò gli consentirà di arrivare gradualmente alla fonte della sua infelicità e di ricongiungersi con una madre che lo ha abbandonato da bambino. Questo "canto degli spiriti", composto, come gli altri canti di Claire, da Jeanne Cherhal , non è il meno importante dei pregi di questo film onirico dal fascino intramontabile.
Una riconciliazione postumaUn'altra è Catherine Deneuve, che ha avuto l'opportunità di girare per la prima volta in Giappone (aveva girato in Francia con la giapponese Kore-eda La vérité ). Anche se la sua presenza, incongrua e non priva di umorismo, un po' come quella di Isabelle Huppert nei film del coreano Hong Sang-soo , non prevale mai su questa bellissima storia di riconciliazione postuma tra padre e figlio. Coprodotto dalla francese Matilde Incerti e girato in giapponese e in francese da un regista di Singapore che non conosce nessuna delle due lingue, il film aveva fin dall'inizio tutti i presupposti per essere una combinazione un po' traballante. Non è così.
Dopo The Flavor of Ramen, dal sapore un po' insipido, il regista di Singapore riesce, attraverso la messa in scena essenziale e la delicatezza del soggetto, a portarci con i suoi fantasmi in una sorta di viaggio sentimentale attraverso il Giappone, che ci condurrà da Tokyo a una località balneare sulla costa, paradiso dei surfisti.
Anche se il film flirta costantemente con i buoni sentimenti, la sua dimensione poetica e spirituale gli impedisce di cadere nel sentimentalismo. Musica e creazione (Hayato è un fumettista di talento privo di ispirazione) costituiscono il filo conduttore di questa storia molto delicata che porterà pace e consolazione a tutte le anime in lutto.
La Croıx