Troppi sono gli attacchi sferrati in politica, e l'esempio è dato soprattutto da chi si trova ai vertici del potere. È quindi imperativo ripristinare la via del dialogo per recuperare la convivenza perduta e gli accordi necessari.

Le elezioni di domenica 7 settembre nella provincia di Buenos Aires hanno dimostrato in modo inconfutabile il potere dei cittadini di decidere attraverso uno degli strumenti più preziosi della democrazia: il voto popolare.

Fu durante questo esercizio repubblicano che la maggioranza degli elettori di Buenos Aires espresse il proprio disincanto nei confronti di un modo di fare politica che non si basa sul dialogo, ma piuttosto sul discredito dell'avversario. Si prevede che questo disincanto si estenderà al resto del Paese.

Un esempio di questi errori è lo stile del presidente Javier Milei, sconfitto alle urne come leader del partito Libertad Avanza dopo una campagna elettorale segnata da attacchi contro il governatore Axel Kicillof, vincitore delle elezioni a capo dell'alleanza peronista Fuerza Patria.

È vero che gli insulti in politica non sono una caratteristica esclusiva di Milei. Stiamo assistendo a un festival di insulti scambiati dal vivo e di persona, in particolare al Congresso Nazionale, dove tutto sembra essere deciso ai margini del dibattito e del consenso.

Ora, le elezioni di Buenos Aires hanno presentato la sfida di promuovere il dialogo tra tutte le forze politiche con rappresentanza parlamentare, qualcosa che il capo dello Stato ha limitato solo a pochi gruppi con idee simili.

Sembra quindi una misura sensata, anche in mezzo alla sconfitta, convocare i governatori al tavolo del dialogo federale e cercare di ristabilire i legami che la Casa Rosada ha rotto con molti di loro nelle ultime settimane, nel mezzo delle turbolenze elettorali.

È rischioso per il progresso del Paese aggrapparsi a una cerchia ristretta e orientata alla famiglia, che non prende decisioni senza l'approvazione del presidente. La leadership nazionale non dovrebbe trincerarsi dietro il suo battaglione sui social media e i suoi consiglieri pagati, alcuni dei quali non sembrano qualificati per questo compito. Ossequiosità e insulti costanti non sono buoni consiglieri.

Pertanto, sarebbe un grave errore trascorrere i giorni rimanenti fino alle elezioni legislative nazionali del 26 ottobre scommettendo sulle lamentele . È necessario ripristinare il dialogo istituzionale per raggiungere un consenso su soluzioni alternative alla crisi politica e alla recessione economica, che non sono di esclusiva responsabilità dell'attuale amministrazione.

Un dialogo aperto aiuterà gli elettori a definire le proprie preferenze sulla base di proposte sensate e credibili, piuttosto che su denigrazione e interessi individuali, che fanno ben poco per invertire l'attuale soffocamento sociale di milioni di argentini.

L'impegno riguarda sia il governo che i partiti di opposizione. Tuttavia, è il governo nazionale a dover accettare la schiacciante sconfitta alle urne di Buenos Aires e rettificare un programma fortemente contestato.

In genere, le urne lasciano messaggi che chi detiene il potere deve ascoltare. Non riconoscere o minimizzare una sconfitta elettorale di 13 punti sarebbe come persistere con un modello di gestione che, almeno nella provincia di Buenos Aires, la maggioranza ha rifiutato. C'è molto spazio per il cambiamento se si ascolta la volontà del popolo.