José Cueli: Graciela Iturbide

José Cueli
G
Raciela Iturbide, a cui verrà conferito il Premio Principessa delle Asturie per il suo stile fotografico, ha affermato di non essere interessata a ritrarre la miseria, ma piuttosto la dignità. È una degna erede di Don Chisciotte della Mancia.
Nel corso dei secoli, Don Chisciotte non è andato perduto, e giunge a noi oggi immerso nella stessa povertà della nostra. Abbiamo quasi perso l'orgoglio della nostra numerosa stirpe a causa della nostra ricchezza sempre più ridotta, dei nostri pantaloni logori e della dignità che ostentiamo, simile a quella di Don Chisciotte, decisa nei tratti e sobria nei colori.
Don Chisciotte era un gentiluomo del posto, moderatamente benestante. Vestiva modestamente e mangiava lautamente, consumava tre quarti del suo magro patrimonio. Non si occupava di nulla, poiché il lavoro è compito del contadino, e quindi i suoi momenti di ozio erano la maggior parte dell'anno. Spinto da un nobile istinto, leggeva libri di cavalleria che raccontavano le gesta di grandi signori.
Investì la sua piccola fortuna nel tentativo di migliorare il suo spirito, il che generò un sublime idealismo racchiuso nella dignità, ciò che a noi sfugge.
Questo gentiluomo donchisciottesco, come quelli di un'altra epoca e di quella attuale, era felice nella sua povertà perché aveva il sangue puro della sua stirpe, pane per sfamarsi e una casa araldica che gli forniva riparo d'inverno e ombra d'estate. In altre parole, aveva tutto ciò che un povero della sua stirpe, delle sue idee e del suo carattere potesse desiderare in quei tempi, e su questo basava la sua più grande vanità.
Il contadino indossa gli stivali del Don Chisciotte sconfitto e si sente attratto, anzi affascinato, da ciò che dice e non dice, da ciò che suggerisce, seleziona, approfondisce e ironizza, riducendo personaggi e profili che a noi, suoi fratelli di altre città e latitudini, appaiono distinti, indecifrabili. Sì, distinti persino come cultura ed entità sociale. Con tradizioni, gusti, cucina e preferenze che non sappiamo interpretare, feste che non comprendiamo ma che ci sorprendono, a prescindere dalle condizioni sociopolitiche a loro sfavorevoli.
Il contadino non ha smesso di vivere, ma ha smesso di muoversi. Ecco perché appare passivo e apatico, come una maschera di quella casta ereditata da Don Chisciotte.
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