Veracruz: il presidente è arrivato dove lo Stato ha fallito

L'articolo di Héctor Ríos Morales, pubblicato ieri, 19 ottobre, su latintimes.com, "Le aree messicane colpite da devastanti inondazioni lottano anche con la grave violenza dei cartelli", descrive un lato del disastro, quello naturale, e l'altro, più profondo, quello criminale. Veracruz sta vivendo una doppia tragedia. Le piogge torrenziali dell'8-11 ottobre hanno allagato intere comunità dominate dai cartelli. Nello stesso territorio, i fiumi straripano e l'erosione dell'autorità coincidono.
Le piogge hanno causato lo straripamento dei fiumi Cazones e Tuxpan, allagando 40 comunità e causando oltre 76 morti e 39 dispersi. Poza Rica, Álamo Temapache e Tuxpan rimangono parzialmente isolate, con strade distrutte e poco più di 30 città tagliate fuori dalle comunicazioni. Il governo ha schierato oltre 10.000 soldati, marines e truppe della Guardia Nazionale, ma la situazione ha superato la sua capacità di risposta. A Poza Rica, l'ordine di evacuazione è stato emesso sette ore dopo l'allerta Conagua.
Dal 12 ottobre a ieri, la presidente Claudia Sheinbaum ha visitato le zone colpite di Veracruz, nonché di Hidalgo, Puebla, Querétaro, San Luis Potosí e Tamaulipas.
A differenza di López Obrador, che tendeva a reagire ai disastri con distacco, lei lo fa. Si presenta, ascolta e cammina nel fango. Il suo predecessore preferiva osservare i danni dall'alto o dal mare, come quando, dopo l'uragano Otis, osservò Acapulco da una nave della Marina senza mettere piede nel porto. La differenza è evidente: lui evitava il contatto, lei lo cerca.
La sua presenza è politicamente importante. In un Paese afflitto dalla sfiducia, un presidente che mette piede nella zona del disastro invia un segnale di autorità ed empatia. Le persone non distinguono tra ordini e gesti simbolici: hanno bisogno di vedere che il potere esiste, che qualcuno ascolta e risponde. Ecco perché lei era lì; altrimenti, qualcun altro – un boss locale o un cartello – occuperà quel posto e quella legittimità. In Messico, un vuoto non è mai vuoto.
Secondo un rapporto attribuito al Ministero della Difesa Nazionale, trapelato a fine settembre e riportato da diversi organi di stampa, a Veracruz operano almeno sette organizzazioni criminali: il Cartello di Jalisco Nuova Generazione, il Cartello del Golfo, il Cartello del Nordest e il Cartello di Sinaloa. Il rapporto coincide con la realtà: presenza criminale a Poza Rica, Tuxpan, Álamo, Tempoal e Pánuco, dove si contendono le rotte della droga, del carburante e dei migranti. In queste regioni, i cartelli approfittano dell'incuria per presentarsi come benefattori: ad Álamo sono circolati video del CJNG che distribuisce pacchi alimentari con il suo logo. Non è beneficenza: è potere. Quando lo Stato arriva in ritardo, la criminalità prende il sopravvento e governa.
La catastrofe ambientale è diventata anche politica. Le inondazioni hanno messo in luce debolezze istituzionali, mancanza di prevenzione e dipendenza dall'esercito per ogni evenienza, soprattutto a Veracruz, dove le tempeste hanno messo in luce corruzione, negligenza e paura.
Claudia Sheinbaum è stata presente, ma le visite, i censimenti e i discorsi servono come palliativo, non come soluzione, perché il problema è strutturale. La sfida ora è trasformare quella presenza in risultati: rafforzare la protezione civile, professionalizzare le forze di polizia locali e chiudere gli spazi che i criminali riempiono quando lo Stato è inondato.
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